lunedì 25 novembre 2019

Di che cosa ti vanti maggiormente?


Di che cosa ti vanti maggiormente? Delle tue imprese e bravura, di quello che possiedi, di quello che sai fare, delle tue amicizie importanti, della tua nazionalità? Per te potrebbe essere gratificante farlo, ma è generalmente fastidioso da udire e non fai comunque una bella figura, anche se lo fai con l'intenzione di farti ammirare ed apprezzare, e magari temere. Vantare deriva dal latino vanus, cioè vano, falso, mendace, oppure da venditare, cioè mettere in vendita, far valere. L'apostolo Paolo aveva rinunciato a qualsiasi motivo di vanto se non di una cosa sola che considera non solo legittima, ma anche commendevole. Di che cosa si tratta lo vediamo nel testo biblico di oggi,
"Io voglio vantarmi soltanto di questo: della croce del nostro Signore Gesù Cristo: poiché egli è morto in croce, il mondo è morto per me e io sono morto per il mondo. Perciò non conta nulla essere circoncisi o non esserlo. Ciò che importa è essere una nuova creatura" (Galati 6:14-15 TILC).
In netta contrapposizione con le orgogliose (e mondane) pretese dei maestri di legalismo, l'Apostolo riafferma con queste sue parole la sua fondamentale dedizione al significato ultimo della croce di Cristo (14) ed alla nuova creazione, quella che Cristo rende possibile in tutti coloro che si affidano a Lui come Signore e Salvatore, per l'opera efficace dello Spirito Santo (15).

Attenersi al significato ultimo della croce di Cristo (così com'é spiegato nel Nuovo Testamento) significa eliminare dalla nostra vita ogni ragione per vantarsi di ciò che siamo in noi stessi o realizziamo. Chi si identifica con Cristo, associandosi alla Sua morte in croce, di fatto "muore a sé stesso", squalifica quel che è in sé e le sue stesse opere, rinnega sé stesso, vanifica ogni umana vanagloria per dare gloria a Dio soltanto e ai Suoi propositi. Il termine abnegazione bene condensa questo concetto, definita dal vocabolario Devoto-Oli come: "la disposizione spirituale di chi rinuncia a far prevalere istinti, desiderî, interessi personali, per motivi superiori, specialmente di ordine religioso o sociale". In che misura sono disposto a farlo? Come lo faccio?

Di fatto, su di questo si gioca il nostro essere cristiani e si manifesta la nostra stessa salvezza. Nel mondo tanti si vantano orgogliosamente della loro identità nazionale, della loro condizione sociale e religione, delle loro imprese, cultura, potenza, opere, bontà... Tutto questo è solo empia vanità, vanagloria: "Poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatte, e la fatica che avevo sostenuto per farle, ed ecco che tutto era vanità, un correre dietro al vento, e che non se ne trae alcun profitto sotto il sole" (Ecclesiaste 2:11). Vivere secondo lo spirito di questo mondo conduce inevitabilmente a queste futili vanaglorie. Quando a tutto questo io "muoio", però, lo spirito di questo mondo non governa più la mia vita. La mia fede nel significato della croce di Cristo include non solo la consapevolezza che Egli sia morto per me, al mio posto, per salvarmi dal giudizio di condanna che la Legge di Dio rendeva inevitabile, ma anche la costante consapevolezza che io debbo considerarmi morto con Lui.

Non ho più motivo alcuno di vantarmi perché il mio vecchio io, caratterizzato dai valori transitori o pretesi di questo mondo, come pure dal peccato che mi rende sgradito a Dio e condannato, è morto. Questa rinuncia assoluta ad ogni possibile vanto, a causa della mia totale identificazione con il Messia crocifisso è l'aspirazione di ogni autentico cristiano.

La fede in Cristo non conduce solo a morire ai valori fallaci di questo mondo, ma conduce anche alla vita, quella vera, e ad un nuovo stile di vita: "Perciò non conta nulla essere circoncisi o non esserlo. Ciò che importa è essere una nuova creatura" (15). Vivere la realtà della nuova creazione può essere considerato il tema di quest'intera lettera. Abbiamo con Dio un nuovo rapporto, non siamo più servi, ma figli, liberi di rivolgerci a Lui come Padre (4:6). Abbiamo un nuovo rapporto l'uno con l'altro: non siamo più imprigionati e divisi da barriere razziali, sociali o sessuali: siamo ora liberi ed uno in Cristo (3:28).

Regola della vita di Paolo, e regola di ogni autentico cristiano è l'Evangelo: esso determina le dimensioni spirituali e sociali della sua vita. Paolo non si rapporta più con Dio sulla base della sua identità nazionale israelita (e noi sulla base di qualsiasi cosa che riteniamo importante secondo i criteri di questo mondo), ma sulla base della sua unione con Cristo nella Sua morte e risurrezione.

Preghiera

Signore, appartengo a Te, ho fiducia in Te e voglio seguirti. Quant'è vero, però, che ancora io debbo ravvedermi da molo di ciò che in questo mondo è motivo di fallace orgoglio! Aiutami a prenderne coscienza e a rinnegarlo, affinché sempre meglio io possa trovare in Cristo e nella Sua opera misericordiosa verso di me, il solo motivo del mio vanto. Amen.

Domenica 1 dicembre 2019 - Prima domenica di Avvento

Testi biblici: Isaia 2:1-5; Romani 13:11-14; Matteo 24:36-44; Salmi 122

Preghiera: Onnipotente Dio, dacci la grazia di respingere le opere delle tenebre e di indossare l'armatura della luce, ora nel tempo di questa vita mortale in cui Gesù cristo è venuto a visitarci con grande umiltà; affinché nell'ultimo giorno, quando egli ritornerà in gloriosa maestà per giudicare i vivi ed i morti, noi si risorga a vita immortale; grazie a Lui che vive e regna con te e con lo Spirito santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.

lunedì 18 novembre 2019

Le catene del conformismo esteriore e dell'omologazione (34. Galati 6:11-13)



La necessità di "essere tutti uguali" è un'ossessione delle ideologie, sia politiche che religiose, imposte alla società o ai loro membri. Nessuno deve distinguersi dagli altri, neppure esteriormente. Conformare, omologare, livellare. Nessuno deve avere più degli altri in ogni campo perché, a loro dire, "non sarebbe giusto". Il "di più", se capita, deve essere prontamente "ridistribuito". [I capi, naturalmente, ne sono eccezione, perché loro "devono avere il meglio"!]. La competizione per l'eccellenza deve comunque svolgersi nel quadro dei parametri ben controllati dettati dal partito o dall'organizzazione ecclesiastica. Ne consegue il clima di paura dell'apparire diversi che viene instaurato da quei regimi e il conformismo di chi teme e "non osa" staccarsene perché, in quel contesto, "conviene". Nel testo biblico che esaminiamo oggi, sempre dalla lettera ai Galati, i maestri dell'errore che l'Apostolo attacca, vorrebbero imporre ai cristiani conformità inaccettabili a chi ha conosciuto la libertà donata da Cristo. Esaminiamone i termini e le implicazioni.
"Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, di mia mano. Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la Legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne" (Galati 6:11-13).
Come si usava al tempo dell'Apostolo Paolo, le lettere di una certa importanza erano dettate dall'autore ad uno scrivano. L'autore, poi, aggiungeva di sua propria mano, al termine della lettera, alcune righe in cui tornava ad evidenziare ciò che riteneva di particolare importanza. Può anche darsi che l'apostolo avesse problemi di vista (allora non c'erano occhiali) ed allora si faceva assistere. In ogni caso, le cose che qui Paolo desidera mettere in grande evidenza egli le scrive persino con grossi caratteri (noi le scriveremmo magari in grassetto o con doppia sottolineatura) affinché nessuno possa giustificarsi dicendo di essersele lasciate sfuggire. Ecco così come i punti sui quali Paolo vuole particolarmente attirare l'attenzione è il contrasto esistente fra lui e coloro che, insegnando dottrine eversive rispetto all'Evangelo, avevano sviato molti cristiani della Galazia. Per chiarire questi punti di contrasto Paolo prima riassume la posizione di quei maestri d'errore (12-13). Paolo identifica tre motivazioni di base per cui questi falsi maestri sono giunti presso di loro.

In primo luogo afferma che essi sono motivati dall'ossessione con l'uniformità esteriore (12). La loro insistenza a che tutti fossero circoncisi rivelava come essi fossero solo interessati a far sì che tutti apparissero esteriormente ("nella carne") simili (in questo caso agli ebrei). Per loro tutti i cristiano avrebbero dovuto essere "allineati e coperti" compattamente come dei militari in uniforme inquadrati in una caserma e che marciano tutti al passo. Indubbiamente, così, farebbero "bella figura" e potrebbero essere riconoscibili chiaramente, ma... Questa ambizione all'uniformità continua ad essere oggi soprattutto da gruppi religiosi settari e dirigisti che impongono ai loro membri una stretta disciplina, precise regole di comportamento e magari anche uno stesso modo di vestire! Indubbiamente questo fa "una bella impressione" di distinzione, ordine e pulizia, ma si tratta di un bisogno psicologico al quale rispondono in modo illusorio e non sostanziale, interiore. Quella che realizzano, praticamente sempre si rivela un'uniformità del tutto ingannevole ed artificiosa e spesso ipocrita e non raramente disumana. In ogni caso, tutto questo non ha a che fare con la libertà, spontaneità e spiritualità che è frutto dell'Evangelo di Cristo e che i legalisti temono e considerano intollerabile. Il loro è un ricorso "alla carne": imponendo l'uniformità esteriore, dimostrano di non credere all'opera interiore dello Spirito Santo e, di fatto, rinnegano Cristo.

Il secondo motivo che Paolo rileva in questi falsi maestri è garantire la loro sicurezza personale: vogliono non correre il rischio di essere perseguitati (12) apparendo diversi dagli altri. L'Evangelo della croce di Cristo e le sue "idee rivoluzionarie", la libertà che promuove con una vita condotta dallo Spirito è "roba rischiosa" che attirerebbe troppa attenzione per il suo anticonformismo... Queste "novità" sarebbero ritenute pericolose dalle autorità. Tutto, così, deve essere ricondotto nelle forme delle religioni ufficialmente tollerate e protette come, bene o male, era considerato allora il Giudaismo insieme ad altre religioni. L'Evangelo di Cristo, per questi falsi maestri, proponeva idee troppo sovversive che dovevano essere in qualche modo "moderate" o almeno nascoste, non proclamate troppo esplicitamente. Nel corso della storia, quando il cristianesimo (o una sua forma) è stato reso "chiesa di stato" o fatto rientrare nella categoria dei "culti ammessi" equivaleva al tentativo di "addomesticarlo", di "normalizzarlo", di "spuntare i suoi tratti taglienti", di "tenerlo sotto controllo" e, in fondo neutralizzarlo alterandolo. L'Apostolo ne è cosciente e per questo contesta con forza i falsi maestri.

Paolo smaschera l'ipocrisia dei falsi maestri rilevando una terza motivazione della loro campagna in favore della circoncisione: erano motivati dall'orgoglio per la loro identità nazionale (13). Non erano veramente interessati alla trasformazione morale dei cristiani della Galazia e neanche nelle loro conquiste spirituali. Erano interessati a vantarsi con i loro correligionari israeliti che in Galazia sorgessero "belle comunità" che promuovessero l'identità, la cultura, le tradizioni, la politica e l'influenza dell'ebraismo. Avrebbero voluto poter dire, sfruttando il messaggio cristiano: "Guardate, persino di pagani ne abbiamo fatto dei buoni israeliti. La circoncisione alla quale li abbiamo fatto sottoporre ne è testimonianza!". Certamente non era questo lo spirito del Signore Gesù Cristo né il messaggio dei Suoi apostoli. Nel versetto successivo Paolo riassume la sua posizione al riguardo.

Come si caratterizza la libertà che Cristo ci ha donato? In che modo dobbiamo e possiamo distinguerci dagli altri? Come combattere gli omologatori?

Preghiera. Signore Iddio, veglia, te ne prego, sulle motivazioni del mio essere cristiano, affinché non siano pretesti per promuovere valori carnali e mondani, ma che siano fedeli all'Evangelo annunziato dal Nuovo Testamento. Amen.

Domenica 24 novembre 2019 - Ultima domenica dopo Pentecoste - Cristo Re

Onnipotete ed eterno Dio, la cui volontà è quella di ristabilire ogni cosa secondo i tuoi progetti originari nel tuo Figlio diletto, il Re dei re ed il Signore dei Signori: Concedi, nella Tua misericordia che i popoli della terra, divisi ed asserviti dal peccato, siano liberati e portati assieme sotto il Tuo governo buono e giusto; che vive e regna con te e con lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.

Letture bibliche: Geremia 23:1-6; Salmo 46; Colossesi 1:11-20; Luca 23:33-43

lunedì 11 novembre 2019

Ne vale sempre la pena (33. Galati 6:9-10)

Risultati immagini per vale la penaContinuare a fare del bene anche a chi sappiamo ci ha fatto del male (o persino continua a farlo alle nostre spalle) il mondo lo considera "proprio da stupidi". Quel che il mondo, però, consiglia o sconsiglia di fare, per quanto "logico" possa sembrare, è spesso in netta contrapposizione al comportamento che ci insegna la Parola dell'Evangelo, della cui maggior sapienza il cristiano non dovrebbe mai dubitare. Ecco che cosa ci dice di fare l'Apostolo in Galati 6:9-10."E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede" (Galati 6:9-10).

Crescere nella qualità dei nostri rapporti con i nostri fratelli e sorelle in fede, non è cosa che accada automaticamente: è necessario impegno e determinazione, soprattutto quando questi rapporti sono stati rovinati dagli "incidenti" di comportamenti pregiudizievoli. Capita anche nelle comunità cristiane, come testimonia il Nuovo Testamento stesso. E' per questo che l'Apostolo incoraggia qui i cristiani della Galazia nella perseveranza a fare il bene e ad edificare comunione anche se talvolta possa appare difficile. Che anche nelle comunità cristiane antiche "se ne vedessero di tutti colori", non dovrebbe sorprenderci. Non dobbiamo idealizzarle! La realtà umana è così: l'importantè è che venga curata nel modo che il Signore stesso ci indica!

Lo "sforzo" e l'impegno nel fare il bene i cui qui si parla, non è in contraddizione alla prospettiva della "sola fede" né la pregiudica. Qui, infatti, non si sta parlando della nostra salvezza eterna (che è opera e merito soltanto di Cristo e che la si riceve per fede). Qui si parla del credente che, riconciliato con Dio, esprime la propria riconoscenza verso di Lui, impegnandosi a vivere in modo a Lui gradito manifestando così i frutti dello Spirito, fra i quali vi è la benevolenza e la bontà. Il credente fa uso di questi "frutti" e "li condivide" con gioia affinché la loro bontà sia sempre meglio apprezzata e possano nutrire i singoli e la comunità. In ogni caso, la fede è autentica quando opera per mezzo dell'amore (5:6) e nell'impegno di servirsi reciprocamente (5:13) e di portare i fardelli l'uno dell'altro (6:2).

Uno dei più grandi ostacoli nel ricostruire rapporti compromessi è semplicemente la fatica: è facile perdersi di coraggio e credere che, in alcune circostanze, non ne valga la pena! Paolo stesso era stato tentato, proprio in questa circostanza, dallo scoraggiamento: "Io temo di essermi affaticato invano per voi" (4:11). Dovremmo gettare la spugna? No.

In primo luogo egli ci assicura che "se non ci stanchiamo, mieteremo a suo tempo" (6:9). In agricoltura il raccolto avviene molto tempo dopo la semina! Il bene che facciamo non è mai sprecato. Potrebbe portare frutto anche dopo la nostra stessa scomparsa e certamente l'avrà al ritorno di Cristo, quando il bene trionferà incontrastato ed i Suoi servitori ne avranno la ricompensa.

In secondo luogo, Paolo motiva la perseveranza rammentandoci che siamo parte di una grande famiglia, quella dei "fratelli in fede" (10). Sebbene non vi sia limite nel raggio d'azione del cristiano quando è chiamato a fare il bene, cioè a tutti indistintamente, la nostra priorità è certamente quella di servire la famiglia dei credenti, la comunità cristiana, "avamposto" della nuova creazione. Il cristiano non teme le priorità (indicate dalla stessa Parola di Dio): prima la nostra famiglia diretta, poi la comunità cristiana, poi tutti gli altri.

Tutti i cristiani sono "figli di Abraamo" per fede in Cristo, progenie di Abraamo (3:6-29). Tutti i cristiani godono pienamente dei diritti che appartengono ai figli di Dio (4:4-7). Tutti i cristiani sono veri figli della "donna libera", la Gerusalemme celeste, "nostra madre" (4:21-31). Queste grandi verità sulla famiglia dei credenti dovrebbero spronarci a non scoraggiarci a fare del bene ai nostri fratelli e sorelle in fede. In quanto famiglia, noi apparteniamo l'uno all'altro perché apparteniamo a Cristo.

Preghiera. Che il mio impegno a fare ciò che davanti a Dio è bene sia incrollabile. In questo, aiutami, o Signore. Che io non mi scoraggi anche quando sembra che per questo io non sia apprezzato. Dammi la ferma persuasione che il bene che faccio non è mai sprecato e che prima o poi sarà ricompensato dal successo. Amen.

Domenica 17 Novembre 2019 - 23ma domenica dopo Pentecoste


Preghiera: Signore benedetto, che hai fatto sì che le tutte le Scritture sante fossero scritte per nostra istruzione: concedici di poterle udire, leggere, annotarle, apprenderle, e digerirle, affinché noi ci atteniamo sempre alla beata speranza della vita eterna, che tu ci hai dato nel nostro Salvatore Gesù Cristo; che vive e regna con te e con lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.

martedì 5 novembre 2019

32. Una logica imprescindibile (32. Galati 6:7-8)


Oggi tendiamo a pensare che tutto sia simile ai mondi immaginari rappresentati dal cinema. Ciascuno immagina la realtà che preferisce, crede che sia vera e che possa funzionare. Dicono: "Quel che è vero per te non è vero per me. Ciascuno avrà quel che crede. Mondi e realtà parallele, ciascuno con le sue leggi, la sua logica, la sua razionalità... Quindi "rimaniamo tolleranti"... No, si tratta di fantasie, un ingannare noi stessi. Esiste una realtà oggettiva e leggi universali valide per tutti, una logica, una razionalità. Che piaccia o non piaccia. Raccoglieremo quel che seminiamo. I semi hanno proprietà oggettive, non dipendono da ciò che noi crediamo. È una logica imprescindibile. Lo ribadisce il testo di oggi: Galati 6:7-8. 
"Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna" (Galati 6:7-8).

Le responsabilità che competono ai cristiani, come sono state illustrate fin ora, presentano due modi di vivere opposti fra di loro: la via dello Spirito e quella della "carne" (o "natura peccaminosa"). Per i cristiani della Galazia è tempo ora di decidere: quel che sceglieranno conseguirà necessariamente dei risultati, comporterà inevitabili conseguenze. Non possono rimanere neutrali: o si lasciano condurre dallo Spirito di Cristo, oppure dalla gratificazione dei desideri della loro natura peccaminosa. Ognuno, a livello personale, deve scegliere.

Così come in agricoltura si raccoglie quel che si semina, così c'è un'imprescindibile logica anche nelle decisioni che facciamo a livello esistenziale: Illudersi di raccogliere cose diverse da quelle che si sono seminate è da stupidi. Crederlo significa ingannare sé stessi. Altrettanto da stupidi è pensare di potersi beffare di Dio e farla franca. C'è forse qualcuno che pensa di riuscirci? Povero illuso... Eppure c'è sempre qualcuno che pensa che per lui vi sia un'eccezione: "Sebbene questo possa essere vero per tutti gli altri, non è vero per me. Io posso seminare tutto ciò che voglio e, ciononostante, aspettarmi un buon raccolto". È un discorso irrazionale. La razionalità e la logica fanno parte della natura delle cose e di Dio. Davvero vale qui il dettô di Geremia: "Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno; chi potrà conoscerlo?" (Geremia 17:9). La capacità che abbiamo di ingannare noi stessi è veramente stupefacente, fino a sfidare ogni logica e buon senso. Ciò che Dio afferma nella Sua Parola è davanti a noi chiaro ed inequivocabile, eppure riusciamo sempre a razionalizzare ed a giustificare le nostre scelte ed opinioni e credere che sarà, invece, come diciamo noi. Quel che facciamo è però solo ingannare noi stessi e presumere di poterci nascondere da Dio, come Adamo ed Eva che si erano nascosti dietro un cespuglio ritenendo ...di non essere visti da Dio. Davvero ridicolo, come ridicole sono spesso le giustificazioni che diamo a certo nostro operato. L'ammonimento di Paolo, allora lo dobbiamo riascoltare spesso per metterci in guardia contro anche le nostre più brillanti patetiche giustificazioni: "...chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna" (8).

Siamo di fronte, così, ad una decisione che determinerà il nostro destino. Non siamo vittima del fato o della sfortuna. Se "seminiamo" secondo la nostra natura peccaminosa, quale ne sarà il risultato inevitabile, e quale pure sarà se seguiamo la via indicata dallo Spirito di Dio? Coloro che vivono avendo per obiettivo solo quello di soddisfare i loro istinti naturali, di fatto distruggono i loro rapporti con gli altri: si mordono, si divorano e si consumano a vicenda, provocandosi ed invidiandosi l'un l'altro (5:15,26).

"Seminare per lo Spirito" significa "servire gli uni gli altri per mezzo dell'amore" (5:13), rialzare chi viene sorpreso in colpa (6:1), portare i pesi gli uni degli altri (6:2), dare generosamente a coloro che nella chiesa ci ammaestrano (6:6) e non scoraggiarsi a fare del bene a tutti (6:9). "Seminare per lo Spirito" significa edificare rapporti amorevoli con gli altri. Portare i fardelli gli uni degli altri significa partecipare intensamente ai loro dolori ed afflizioni. "Seminare per lo Spirito" significa fare il bene degli altri. Se seminare per la carne significa indulgere egoisticamente a compiacere sé stessi, seminare per lo Spirito significa servire amorevolmente gli altri senza nulla risparmiare.

"Seminare per lo Spirito" significa "mietere vita eterna". Dalla prospettiva di Paolo, cristiani sono coloro che già "sono stati sottratti al presente secolo malvagio" (1:4) e già sono "nuove creature" (6:15). La lotta fra lo Spirito e la carne (la natura peccaminosa), però, non è ancora terminata (5:17). In Cristo già abbiamo un nuovo rapporto con Dio e l'uno con l'altro. Non ci rapportiamo più con Dio come servi, ma come figli che si rivolgono a Lui come Padre (4:6-7), come pure ci rapportiamo l'uno con l'altro superando qualsiasi distinzione razziale, sociale e di genere, trovando in Cristo il nostro comune punto di riferimento. Dato, però, che la lotta fra lo Spirito e la carne continua, noi viviamo fra incoerenze e contraddizioni. Coloro che, però, continuano a crescere in questi rapporti mediante la potenza dello Spirito Santo, alla fine godranno la pienezza della vita eterna - armonia perfetta in rapporto con Dio e con gli altri.

Preghiera. Signore, giustifico fin troppo facilmente le mie scelte illudendomi che alla fine tutto andrà comunque bene. Non considero così la ferrea logica della causa e dell'effetto e, quel che più conta, la tua volontà rivelata. Perdonami. Fa sì che, mortificando le mie "tendenze naturali" e seguendo lo Spirito di Cristo io mi avvii verso un certe e ricco raccolto alla Tua gloria. Amen.

Domenica 10 Novembre 2019 - 22a domenica dopo Pentecoste


Preghiera: O Dio, il cui beato Figlio venne nel mondo per distruggere le opere del diavolo e renderci figli di Dio ed eredi della vita eterna: Concedici che, avendo questa speranza, possiamo purificare noi stessi come Egli è puro; affinché, quando egli ritornerà con potenza e grande gloria, noi si possa essere come lui nel suo regno eterno e glorioso; dove egli vive e regna con te e con lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.