lunedì 23 marzo 2020

Il segno più grande dell'identità di Gesù (Giovanni 11:1-45)



Sebbene grandi siano stati fin ora i progressi dell'umanità sotto molti aspetti, il mondo che abitiamo non sembra più reggere a questo costante sviluppo e sembra inesorabilmente collassare. Molti si rendono conto come tutto questo progresso sia di fatto pregiudicato da un'umanità che non è affatto progredita dal punto di vista morale e spirituale, nonostante i tentativi di elevarla. "C'è qualcosa che non va" al cuore dell'essere umano stesso. Il dominio delle forze del male della morte sembra invincibile. La "medicina" che può curare il cuore umano, però, esiste ed è la persona e l'opera del Salvatore Gesù Cristo. I più, ciononostante, si rifiutano di assumerla, questa medicina, o ne fanno uso in modo difforme dalla posologia che ne deve accompagnare l'uso. Questo aggiunge frustrazione a frustrazione per chi crede in essa e fa esperienza della sua efficacia. Oggi rifletteremo su un episodio del vangelo dove chiaramente egli mostra chi è quali siano i suoi poteri, quello della risurrezione di Lazzaro in Giovanni 11. 

Siamo a tutti gli effetti immersi in un mondo che non è più quello che Dio aveva creato sin dall'inizio e del quale è scritto: "Dio vide che era cosa buona" (Genesi 1). Si tratta di un mondo che certamente assomiglia a quello primigenio, ma che, di fatto, ora si presenta come degenerato, squilibrato e corrotto. Questo vale sia per ciò che chiamiamo natura che per ciò che noi siamo come creature umane. Indubbiamente vi sono cose ammirevoli nell'ambito della natura, come stupefacente è la fattura dell'essere umano. Noi stessi continuiamo a riflettere l'immagine del nostro Creatore e ad assomigliarli in tante cose buone, ma solo come un bel dipinto che è stato imbrattato, non curato, logorato, rovinato in molti modi da un uso sconsiderato. E' un po' come la condizione ambientale di questo mondo, bello, ma rovinata da negligenza ed abusi che diventano sempre più gravi col passare del tempo. 

Le Sacre Scritture definiscono questa condizione come dominata dal peccato e dalla morte, "perché non si sottomette alla legge di Dio". Così noi umani l'abbiamo fatta diventare e noi stessi siamo sottoposti al dominio del peccato e della morte in ogni sua accezione. Le conseguenze di tutto questo sono gravi ad ogni livello: il dominio della morte è onnicomprensivo. Tutto, noi stessi compresi, così come ci troviamo, è destinato alla perdizione. Facendo eco ad un testo delle Sacre Scritture, potremmo dire che: "Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti". Questo mondo, umanamente senza speranza alcuna, però, è stato intersecato dai progetti di ristabilimento, di ricostruzione e di redenzione che trovano il loro punto culminante nella persona e nell'opera del Salvatore Gesù Cristo. La grazia di Dio in Gesù Cristo ricupera una parte dell'umanità trasformandola nel tempo e per l'eternità e preparandola per una nuova creazione in cui Dio "asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate" (Apocalisse 21:4).

E' per questo che la Scrittura proclama Gesù come "il Signore della vita" ed I vangeli testimoniano come Gesù facesse spesso segni miracolosi per indicare, a chi ha occhi per vedere ed orecchie per udire, che Gesù è "la risurrezione e la vita" e che chi crede in lui, anche se muore, vivrà, anzi, chiunque vive e crede in lui, per grazia di Dio non morirà in eterno - vale a dire non andrà perduto come il resto dell'umanità che giustamente subisce le inevitabili conseguenze del peccato - che comunque non ha intenzione di debitamente trattare.

Ascoltiamo il racconto, tratto dal vangelo di Giovanni, al capitolo 11, della risurrezione di Lazzaro. Mentre leggete il racconto identificate "i segni" che Gesù dà, in quell'episodio, sulla sua identità ed opera.

Morte di Lazzaro, amico di Gesù. Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno».
Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Da questo testo possiamo oggi solo rilevare alcune poche, ma importanti cose. Gesù dice: "Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato" (4). Quest'affermazione contiene un'ironia. Per Lazzaro la sua malattia non avrebbe portato alla morte, perché gli sarebbe stata restituita la vita. Per Gesù stesso, però, proprio quel segno miracoloso da lui compiuto lo avrebbe condotto lui alla morte, confermando così il piano delle autorità di eliminare Gesù. Com'è scritto: "Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui" (...) Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo" (Giovanni 11:47-53). Gesù dà gloria a Dio restituendo la vita a colui che egli amava e l'aveva perduta, ma a prezzo del suo dolore, delle sue lacrime, della sua morte. 

Isaia profetizzava: "Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Isaia 53:5). La morte di Gesù in croce diventa il segno ultimo, per chi ha occhi per vedere, dell'amore di Dio per i peccatori eletti a salvezza, segno che glorificherà Dio e la sua giustizia. Perché è avvenuta? Contemplandola, un credente dice: "Signore, io sono la causa di tutti I tuoi dolori; i miei peccati ti hanno esposto a vituperio, e le mie iniquità ad ignominia. Io ho commesso il fallo e tu sei stato castigato; io sono colpevole e tu sei stato chiamato a giudizio; io ho commesso il peccato e tu hai sofferto la morte; io sono il reo e tu sei stato attaccato alla croce! Oh profondità dell'amore di Dio! Oh meravigliosa disposizione della grazia celeste!" (L. Bayly).

Lazzaro era morto, morto veramente, non avrebbe potuto rispondere alla chiamata di Gesù: «Lazzaro, vieni fuori!», per quanto Gesù lo chiamasse a gran voce. La voce di Gesù, però, è la voce della Parola di Dio che aveva suscitato e dato vita ad ogni cosa nel momento della Creazione. "Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall'invisibile ha preso origine il mondo visibile" (Ebrei 13:3). La voce di Gesù è la stessa che Dio aveva emesso quando aveva infuso vita al primo essere umano formato dalla polvere del suolo: "Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente" (Genesi 2:7). Anche Lazzaro era tornato ad essere materia inanimata. Quella era la condanna ultima data da Dio all'uomo peccatore: "...finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!" (Genesi 3:19). Gesù, però, con il suo comando, rigenera quel corpo che già mandava cattivo odore, gli restituisce lo spirito e Lazzaro risponde ed esce da quella cava in cui era stato deposto, e che ancora aveva i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù così dice ai presenti: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». 

E' lo stesso oggi dal punto di vista spirituale. Nessuno è in grado di rispondere all'annuncio dell'Evangelo, perché tutti siamo morti nelle nostre colpe. I morti da sé non rispondono! Ai cristiani di Colosse, però, l'Apostolo dice:  "Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe" (Colossesi 2:13). Essi si sono risvegliati spiritualmente e sono giunti al ravvedimento ed alla fede a causa dell'opera potente di Dio in loro. Sempre ai credenti, infatti, è detto: "È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo il suo disegno d'amore" (Filippesi 2:13). Vita spirituale oggi, e vita rinnovata domani, nei nuovi cieli e nella nuova terra.

Che meraviglioso segno Gesù aveva dato allora con la risurrezione di Lazzaro! E' quello che parla ancora oggi e che ha per risultato che: "Molti di quelli che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui". Che questo avvenga per chi ha letto questa riflessione e che non ne ha fatto ancora l'esperienza, come pure diventi occasione di ulteriore riconoscenza per chi è stato portato al ravvedimento ed alla fede in Gesù Cristo, Signore della vita.


Domenica 29 marzo 2020 - Quinta domenica di Quaresima


Preghiera: Dio potente, solo tu puoi mettere in ordine le volontà e gli affetti indisciplinati dei peccatori: concedi al tuo popolo la grazia di amare ciò che ordini e desiderare ciò che prometti; affinché, tra i rapidi e vari cambiamenti di questo mondo, i nostri cuori possono sicuramente essere fissati là dove si trovano le vere gioie; per Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con te e con lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.

martedì 17 marzo 2020

Avere occhi che funzionano e non vedere (Giovanni 9)



Il motto dell'antica università di Oxford in Inghilterra è "Dominus Illuminatio Mea", una frase in latino tratta dal primo versetto del Salmo 27 che dice: "Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?". Testimonia dei principi cristiani sui quali era stata fondata quell'università. In quell'università (come in altre simili) quella luce oggi si è spenta, perché i principi cristiani sono stati in essa praticamente ripudiati, prevalendo oggi ogni sorta di ideologie. Scambiandolo per "progresso" sono tornate tenebre e cecità morale e spirituale, la decadenza. Potrebbe essere una parabola del destino dell'Occidente che ripudia le sue radici giudeo-cristiane, e tanta gente segue a ruota. "Seguire a ruota" significa stare a breve distanza da qualcuno, fare la stessa cosa di qualcuno. Nel ciclismo, infatti, per non lasciarsi staccare da chi lo precede, un corridore cerca di mantenere la ruota anteriore della propria bici in corrispondenza di quella posteriore della bici di chi è avanti. Gesù diceva: "Lasciateli stare! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!" (Matteo 15:14). Sono ciechi pur avendo occhi buoni e come tanti, oggi, si ostinano a dire che ci vedono! Questo è ciò che accade nel racconto evangelico di Giovanni 9, che consideriamo sommariamente oggi. Gesù opera miracolosamente dando la vista ad un uomo che era nato cieco. I leader religiosi e politici di quel tempo si ostinavano a negare che il fatto fosse avvenuto e, soprattutto, pregiudizialmente, che Gesù fosse l'atteso Messia, il Salvatore del mondo. Erano inguaribilmente ciechi. C'è però chi, grazie a Dio apre gli occhi e che dice con piena persuasione: "Il Signore è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura?". Sentiamo il racconto.

Gesù guarisce un uomo cieco dalla nascita. Passando, vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va' a lavarti nella piscina di Sìloe» - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: «Va' a Sìloe e làvati!». Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov'è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c'era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l'età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell'uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane» (Giovanni 9).

I leader religiosi di quel tempo continuavano a giustificarsi in mille maniere. Noi sappiamo... noi vediamo... noi siamo a posto con Dio... noi siamo i rappresentanti ufficiali e successori legittimi di antiche istituzioni che hanno attraversato i secoli... noi siamo discepoli delle figure storiche che hanno dato origine al nostro movimento... le nostre scuole godono dell'autorevole contributo di valenti ed eruditi insegnanti. Già, e intanto, nella loro cecità si opponevano al Salvatore Gesù Cristo, da loro equiparato ai seduttori che pure allora sorgevano. Pur di mantenere il loro potere, come se fosse "l'unica garanzia" per tutti, mettevano in questione ogni cosa ...e sarebbero giunti ad inchiodare il Cristo su una croce! Come oggi, che si sospetta di tutto e di tutti e si trova modo di contestare praticamente ogni aspetto della rivelazione biblica che ha accompagnato il popolo di Dio per millenni. Erudizione incontestabile, "scienza" o arrogante e distruttiva ignoranza? Si può essere professori di teologia e "non capirne un tubo" (come si dice) di Dio perché, di fatto, con Dio non hanno un rapporto autentico. Come scrive l'apostolo Paolo, essi sono: "accecati nella loro mente, estranei alla vita di Dio a causa dell'ignoranza che è in loro e della durezza del loro cuore" (Efesini 4:18). Vero, si può essere degli "eruditi ignoranti"! Certo questo non può diventare una scusa per altri di evitare l'approfondimento e l'erudizione, sia bene inteso, ma tant'è.

Allora le loro valenti istituzioni, di cui andavano fieri, il loro tempio stesso a Gerusalemme, sarebbe stato distrutto nell'arco di una generazione ed essi, o eliminati fisicamente o dispersi per il mondo. Il Signore Gesù l'aveva predetto chiaramente. Da quella distruzione molti cristiani che vivevano nella terra di Israele, invasa dai romani, si sarebbero salvati avendo ubbidito alla parola profetica che intimava loro di fuggirsene lontano. Avevano dato fiducia al Cristo ed alle sue parole: molti altri, però, sarebbero morti nelle loro illusioni che le loro secolari istituzioni sarebbero state protette... Essi, cristiani, "vedevano", gli altri pensavano di vedere, ma erano ciechi, nonostante tutte le loro pretese.

Mentre quell'uomo, che era nato cieco e a cui il Cristo aveva dato la vista fisica, non aveva colpa alcuna per la sua condizione, la cecità spirituale di tanti, anche oggi, è una cecità moralmente riprensibile quando non credono alle Scritture e a Gesù Cristo - quando esse parlano loro della loro disperata condizione morale e spirituale in cui si trovano. Una tale condizione è indotta dalla loro ostinazione, dai loro interessati pregiudizi, dalle loro pretese, dal loro rifiuto di aver bisogno di un salvatore, del Salvatore - in una parola, indotta dal peccato. Essi persistono a giustificarsi e si rendono ciechi.

L'epistola ai Romani indica che, come non credenti "soffochiamo la verità" (Romani 1:18) e abbiamo "scambiato la verità di Dio con la menzogna" (Romani 1:25). Tale soppressione e sostituzione idolatra delle menzogne per la verità ci trasformano in stolti, anche se affermiamo di "essere sapienti" (Romani 1:22). In breve, il nostro rifiuto delle parole di Dio nella rivelazione distorce la nostra visione di Dio e della realtà. Tale ribellione deformante segna un punto di non ritorno morale e intellettuale. La certezza non può venire dal ragionamento, ma invece mette radici nei nostri cuori solo per opera dello Spirito Santo stesso.

La Scrittura dice: "Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano. Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi infatti conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai conosciuti se non lo Spirito di Dio. Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere ciò che Dio ci ha donato" (1 Corinzi 2:9–12)

In che modo allora siamo persuasi? Rispondendo proprio a questa domanda, il riformatore Giovanni Calvino afferma: "Illuminati dal suo potere crediamo che la Scrittura provenga da Dio, non sulla base del nostro giudizio né di quello degli altri; ma, al di sopra del giudizio umano, concludiamo con assoluta certezza, come se vedessimo la stessa maestà di Dio presente in esso, che ci è venuto dal ministero degli uomini dalla stessa bocca di Dio. . . . È una convinzione che non richiede prove razionali; una conoscenza con cui la mente riposa in modo più sicuro e costante rispetto a qualsiasi prova razionale; una consapevolezza che può nascere solo dalla rivelazione celeste. Parlo solo di ciò che ogni credente sperimenta..." (Istituzione della religione cristiana, 1.7.5)

Abbiamo bisogno di illuminazione. Diciamo: "Signore, non vedo chiaramente, anzi, non vedo affatto. Aprimi gli occhi dello spirito affinché, rinunciando a qualsiasi mia pretesa, io possa abbracciare per fede il Salvatore Gesù Cristo e ubbidire di tutto cuore alla verità che ci riveli nella tua parola scritta, la Bibbia. Nella tua misericordia, opera in me spiritualmente il miracolo che era avvenuto fisicamente a quell'uomo di cui ci parla il vangelo. Amen.



Domenica 22 Marzo 2020 - Quarta domenica di Quaresima


Preghiera: Padre d'ogni grazia, il cui benedetto Figlio Gesù Cristo discese dal cielo per essere il vero pane che dà la vita al mondo: dacci sempre di questo pane, affinché egli possa vivere in noi e noi in lui; che vive e regna con te e lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.

giovedì 12 marzo 2020

L'acqua fresca e pulita di un pozzo diverso dagli altri (Giovanni 4:5-42)



Mi ricordo che quand'ero piccolo andavo in vacanza presso due mie anziane zie ad est di Moncalieri, non lontano da Torino. Oggi quella zona è piena di palazzi ed affollata di gente, ma allora era come essere in campagna. Mi ricordo del grande orto che coltivavano e del recinto delle galline. Mi ricordo però anche di un pozzo dal quale si poteva attingere acqua girando una ruota metallica. L'acqua che sgorgava era fresca ed aveva un gusto particolare molto buono diversa da quella che esce dal normale rubinetto della rete idrica. Un tempo, per quella casa c'era solo quella fonte d'acqua ed era sufficiente per tutte le necessità della famiglia e dell'orto.

Nell'antico Israele l'acqua dei pozzi era considerata un prezioso dono di Dio. Quando Gesù, un giorno, affaticato per il viaggio, giunge ad una città della Samaria chiamata Sicar, arriva nei pressi di un pozzo fatto scavare dall'antico patriarca Giacobbe per la sua famiglia. Se ne erano serviti per secoli, e ne beneficiavano ancora gli abitanti di quel luogo, i Samaritani, anche se non erano propriamente ebrei. Gesù si siede presso quel pozzo ma non ha nulla per attingere acqua. Attende così che arrivi qualcuno. Era un'ora inconsueta, sul mezzogiorno, ed arriva con il suo otre, una donna samaritana. Gesù, così chiede a quella donna se può dargli da bere. E' con lei che Gesù comincerà una lunga conversazione. Non sarebbe stato appropriato allora intrattenersi con una donna sconosciuta e per giunta per lui straniera. Non importa, quel che ne esce è una lezione importante, per lei e per noi che riceviamo questo racconto. Non potremo oggi trattare tutti gli insegnamenti che contiene, ma ci concentreremo solo su uno che ha a che fare con l'aqua e il suo simbolismo. Sentiamone così prima il racconto. Lasceremo poi la lettura degli altri testi biblici connessi di questa domenica solo al termine della nostra riflessione per chi volesse pure sentirli direttamente.

"Giunse così a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c'era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: «Dammi da bere!», tu lo avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest'acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore - gli dice la donna -, dammi quest'acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va' a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: «Io non ho marito». Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l'un l'altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: «Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura»? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l'altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo»(Giovanni 4:5-42).

L'acqua è essenziale per la vita umana. Gesù, l'eterno Figlio di Dio fattosi uomo, ne aveva pure bisogno esattamente come noi. Chiede a quella donna un gesto di solidarietà verso di Lui. Sfidando le convenzioni di allora, lei gliela fornisce. Per lei non c'era nessun problema a farlo. C'erano lì solo loro due, e Gesù la accetta con riconoscenza. Gesù, nel corso della sua conversazione con quella donna, le propone, però, qualcosa che in quei termini la lascia allibita. Subito non si rende conto che Gesù parlava in modo figurato. Si tratta, però, di qualcosa di altrettanto importante come l'acqua lo è per il corpo e del quale solo Gesù ne è la fonte.

Infatti, non solo "forse", ma Gesù era ed è più grande anche di Giacobbe, al quale Dio aveva detto: "Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto!" (Genesi 32:29). Gesù è la risposta alle aspettative di Giacobbe e di tutti I profeti di Israele. A che cosa è stato delegato Gesù, il Figlio eterno di Dio fattosi uomo, il Messia, il Salvatore? A mettere di nuovo, e a tutti gli effetti, creature umane in comunione con Dio, sorgente della loro vita. Solo così la loro "sete esistenziale", causata dal peccato, avrebbe potuto essere soddisfatta e per sempre! 

La cosa non è ancora ben chiara per quella donna, ma chiede a Gesù di ricevere quella "acqua", così come comanda di fare l'Evangelo. Gesù è ben lieto di poterlo fare, ma aggiunge qualcosa che riguarda la vita privata di quella donna. Gesù la chiama, di fatto, pure a ravvedersi dalla via disordinata alla quale era avvezza e della quale, con grande sorpresa di quella donna, Gesù era consapevole! Argomento scottante e imbarazzante, ma non sarebbe stato per lei un'opzione! 

Quella donna cerca così di cambiare l'argomento del discorso! Pensava: "Visto che costui sta parlando di religione ed è un ebreo, facciamogli una domanda di religione, magari su una questione controversa come sul 'dove' dobbiamo adorare Dio, a Gerusalemme oppure nei santuari della Samaria". Gesù le risponde dicendo che questioni religiose di quella fatta sono superflue e non sostanziali. Adorare Dio, essere in comunione con lui, non è questione del "dove", ma del "come". Verrà il giorno, anzi, è già venuto, in cui non avrà più alcuna importanza dove adorare Dio. Lo si può (e lo si deve) fare in qualunque luogo quando, grazie a Gesù, si riceve lo Spirito di Dio che tocca ogni aspetto della nostra vita. Inoltre sarà importante, anzi, essenziale, farlo in modo conforme alla verità rivelata, che esprime la Sua volontà.

E' proprio in quel momento che "cadono le difese" di quella donna e Gesù le si rivela apertamente, senza alcuna ambiguità, come l'atteso Messia. "Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te»". E' così che quella donna che, piena di una gioia incontenibile, lascia lì la sua anfora e senza alcun imbarazzo o riserva, va a chiamare I suoi compaesani, affinché vengano a conoscere Gesù. Di fatti: "...andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?»". Alla fine: "quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo»".

Che magnifica lezione, vero? Chiamati dalla voce misericordiosa di Dio in Cristo ad abbandonare gli amari frutti della nostra ribellione a Lui per bere generosamente l'acqua fresca e dissetante che troviamo in Gesù, che è pienamente disponibile. E' proprio qui che si vede quanto futili siano tanti "dibattiti religiosi" e i soliti futili discorsi. In Gesù c'è ben altro e di maggior sostanza. Che ciascuno di voi, allora, possa in questo momento ripetere le parole del Salmo 95, che ora verrà letto.
Invito all'adorazione. Venite, cantiamo al Signore, acclamiamo la roccia della nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui acclamiamo con canti di gioia. Perché grande Dio è il Signore, grande re sopra tutti gli dèi. Nella sua mano sono gli abissi della terra, sono sue le vette dei monti. Suo è il mare, è lui che l'ha fatto; le sue mani hanno plasmato la terra. Entrate: prostràti, adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti. È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo, il gregge che egli conduce. Se ascoltaste oggi la sua voce! »Non indurite il cuore come a Merìba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri padri: ,mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quarant'anni mi disgustò quella generazione e dissi: «Sono un popolo dal cuore traviato, non conoscono le mie vie». Perciò ho giurato nella mia ira: »Non entreranno nel luogo del mio riposo»" (Salmo 95).
Domenica 15 Marzo 2020 - Terza domenica di Quaresima


Preghiera: Onnipotente Dio, tu sai che non abbiamo alcun potere in noi stessi per poter aiutare noi stessi: preservaci sia esteriormente nel nostri nostri corpi che interiormente nelle nostre anime, affinché possiamo essere difesi da tutte le avversità che possono accadere al corpo e da tutti i pensieri malvagi che possono aggredire e ferire l'anima; per Gesù Cristo nostro Signore, che vive e regna con te e lo Spirito Santo, un solo Dio, nei secoli dei secoli. Amen.