lunedì 23 settembre 2019

Apparenze e realtà (26. Galati 5:19-21)



La pubblicità ingannevole o un abile makeup può avere buon gioco nel cercare di nascondere il vero volto o il vero valore di persone o prodotti di cui si vanta la presunta qualità o bellezza. Prima o poi, però, la verità viene fuori.  Così capita per le ideologie, religioni e varie versioni del cristianesimo che pubblicizzano sé stesse e che vantano gran cose ma che nascondono clamorosi fallimenti e corruzione. Nel testo biblico di oggi l'Apostolo mette in rilievo come siano ben note quelle che chiama "le opere della carne" e che si rivelano inequivocabili. Apparenze e realtà non ingannano Dio e nemmeno dovrebbero farlo con noi, per cui la vigilanza è d'obbligo! Vediamo.
"...del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio" (Galati 5:19-21).

Il discorso fin ora portato avanti dall'Apostolo sulla "vita nello Spirito" avrebbe potuto sembrare troppo astratto e indefinito, soprattutto se messo a confronto con la "concretezza" della legge mosaica che definisce esattamente in che cosa consiste la vita in armonia con la volontà di Dio. Ancora oggi molti sono attratti da quelle religioni e versioni del cristianesimo che offrono regole "certe e sicure", un chiaro codice di condotta seguendo il quale si possa avere "la garanzia" della salvezza. 

Questo però, sebbene possa apparire "più semplice" rispetto all'Evangelo, è una via ingannevole, anzi, una "scorciatoia" che porta solo in un vicolo cieco! L'Evangelo non è vivere "sotto la legge" ma vivere sotto la direzione dello Spirito di Dio. Una base oggettiva per determinare se stiamo seguendo la guida dello Spirito e non quella "della carne", però, esiste. E' per questo che Paolo qui descrive quali siano "le opere della carne" , gli atti della natura peccaminosa (vv. 19-21) e una lista dei "frutti dello Spirito" (vv. 22-23). Non si tratta, però, di un codice alternativo alla legge mosaica, ma uno strumento di verifica. 

Quelle che siano "le opere della carne" (v. 19) sono ovvie, dice Paolo. Per quanto "i desideri della carne" siano celati, gli atti prodotti da quei desideri sono manifesti, inequivocabili. La lista di vizi che qui egli offre sono simili a quelle già in uso negli insegnamenti di etica del mondo greco-romano di quel tempo, ragione in più per rendere inescusabile chi pretende di non conoscerli: essi sono manifesti, palesi. La differenza fra Paolo ed i filosofi pagani suoi contemporanei non sta tanto nel contenuto della lista, ma nel suo contesto: in Cristo soltanto si può trovare libertà da questi vizi. Elencarli soltanto non dà la forza per risolvere i problemi di cui è afflitta la società che li pratica. Sono le "opere della carne" che le "opere della legge" non riescono a contrastare. Questa lista, così, propone quindici opere della carne, lista non esauriente ma già molto indicativa. Esse possono essere distinte in quattro categorie: (1) abuso della sessualità; (2) abuso della religione; (3) conflitti sociali e (4) abuso di sostanze stupefacenti.

(1) L'abuso della sessualità. Paolo menziona diversi tipi di abuso della sessualità: fornicazione, impurità, dissolutezza, orge. La "fornicazione" include ogni tipo di immoralità sessuale, gli altri le perversioni sessuali. Le società paganeggiante dove si sviluppa il permissivismo sessuale, sono società dove la corruzione si estenderà in ogni suo ambito fino a distruggerla.

(2) Abuso della religione. Idolatria è tutto ciò che nel cuore umano prende il posto che dovrebbe occupare solo Dio. Non è soltanto adorare immagini religiose, ma anche esserne connivente (1 Corinzi 10:7-14), come pure è idolatria la cupidigia /avidità (Colossesi 3:5) o il culto della personalità di qualche leader.

(3) Conflitti sociali. In questa lista l'Apostolo dà maggiore evidenza alla natura peccaminosa di ciò che causa tensioni e conflitti nella comunità cristiana e nell'ambito della società. Inimicizie, discordia, gelosia, ira, spirito di contesa, divisioni sulla base di personalismi, sètte (divisioni causate dall'eccessiva enfasi data ad un solo aspetto della dottrina cristiana oppure da insegnamenti eversivi), invidia. Le inevitabili divisioni causate dall'applicazione dei principi dell'Evangelo, ovviamente, non sono da comprendere in questa categoria! Gesù disse: "Voi pensate che io sia venuto a portar pace sulla terra? No, vi dico, ma piuttosto divisione" (Luca 12:51).

(4) Abuso di sostanze stupefacenti e di ogni sostanza che altera la mente e danneggia il corpo: quindi l'ubriachezza, ma anche qui il termine stregoneria (termine dal quale, nell'originale greco, deriva il nostro "farmacia") include la fabbricazione e l'uso di droghe velenose, usate per esempio per causare l'aborto.

Paolo afferma, così, molto chiaramente: "Chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio". L'Evangelo è finalizzato a trasformare le persone moralmente e spiritualmente per riconciliarle con il Dio tre volte santo e conformarle alla Sua buona e giusta volontà. Nel regno di Dio non troverà posto niente e nessuno che non pratichi la giustizia com'è definita ed esplicitata da Dio stesso e quindi nessuno che non sia coinvolto ed impegnato moralmente e spiritualmente con Dio. Vivere secondo lo Spirito vuol dire essere coinvolti nella trasformazione personale operata dallo Spirito Santo. Una cosa è affermare di avere in sé lo Spirito di Dio, un'altra è manifestarlo nei fatti. Chi non lo manifesta nei fatti, e pure dice di essere cristiano, è un bugiardo che deve ancora ravvedersi davanti a Dio. In termini teologici, la santificazione non è la base della giustificazione, ma il risultato inevitabile della giustificazione. 

Coloro che Dio dichiara giusti sulla base della loro fede nell'opera di Cristo per loro, Dio pure rende giusti mediante l'opera dello Spirito in loro. Coloro la cui vita è caratterizzata solo dalle espressioni di una natura peccaminosa, dimostrano di non essere stati veramente rigenerati dallo Spirito.

E' chiaro, così, che Paolo non considera la libertà in Cristo libertà da ogni obbligo morale. Al contrario, Cristo ci ha liberati per vivere per lo Spirito. Tutti coloro che vivono per lo Spirito e sono condotti dallo Spirito raccolgono una palese trasformazione morale, i frutti dello Spirito.

Preghiera. Signore Iddio, Ti ringrazio di avermi coinvolto nell'opera salvifica di Cristo attraverso l'azione efficace dello Spirito Santo. Che io dimostri sempre meglio come questo sia vero in ogni aspetto della mia vita. Per Gesù Cristo, mio Signore e Salvatore. Amen.

Domenica 29 settembre 2019 - Sedicesima domenica dopo Pentecoste


Preghiera: O Dio, tu dichiari la tua onnipotenza principalmente manifestando misericordia e pietà. Concedici la pienezza della tua grazia affinché, correndo ad ottenere le tue promesse, possiamo partecipare al tuo eterno tesoro. Per Gesù Cristo, nostro Signore, che vive e regna con te e con lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.

martedì 17 settembre 2019

L'A- privativo: miseria di un prefisso

In italiano, così come nelle lingue d'origine greca e latina, la lettera A usata come prefisso a sostantivi o aggettivi, comporta un valore privativo, indica mancanza, privazione. Si consideri: abulico (inerte, privo di interessi), acefalo (senza testa, privo di autorità superiori), agnostico (chi non prende posizione riguardo a problemi religiosi, politici, sociali, ecc), anarchico (chi è insofferente rispetto all'ordine e all'autorità, ribelle), anestetico (ciò che tranquillizza o attenua un sentimento doloroso), apatico (che ha o dimostra apatia; indifferente, inattivo per mancanza di volontà e di desiderî), apolide (Persona emigrata all'estero, che non ha alcuna cittadinanza, perché priva di quella di origine e non in possesso di un'altra), atarassico (imperturbabile, indifferente), ateo (chi nega l'esistenza di Dio), e di formazione moderna, usato produttivamente davanti ad aggettivi: acritico (privo di senso critico, dogmatico; non vagliato criticamente), amorale, apolitico (chi è avverso o indifferente alla politica), areligioso ( che non è religioso, che prescinde da ogni religione), asessuale (privo di qualsiasi riferimento alla sessualità), e a confissi: afasia (di chi non è in grado di parlare), afono (di chi non "emette suoni"), raramente davanti a sostantivi: apartitico, asimmetria, e in sostantivi parasintetici: avitaminosi, analgesico (che attenua o elimina la sensibilità al dolore). Da notare la differenza fra il prefisso A- e il prefisso IN-. Ad esempio, la differenza fra amorale ed immorale: mentre il primo indica neutralità, passività e indifferenza (rispetto al problema religioso o alla morale), il secondo esprime avversione e più aperto contrasto (immorale è chi o ciò che si oppone alla moralità, che la viola e l’offende). È simile a anomia (indifferenza alla legge) e antinomia (opposizione alla legge). L'indifferenza è peggio che l'opposizione diretta!

Quanto vi ho riportato non è solo un esercizio lessicale. Per molte persone oggi (le incontriamo sovente anche fra molti di coloro che pubblicano sui social (di solito banalità) possono essere definiti "personalità da A privativo). Sono da distinguersi dai tipi "I avversativo). Difatti, sono indifferenti e non prendono mai posizione su niente. Prendere posizione su una quasiasi cosa per loro è sconveniente, rischioso. Preferiscono essere "neutrali" e lo considerano una virtù, anzi, l'unica virtù che si sentano di sostenere. Non pensano, o meglio, non vogliono pensare. Non hanno idee, e se ce l'hanno, le tengono per sé, non le esprimono. Se chiedi loro qualche opinione su qualcosa, preferiscono "non pronunciarsi". Non discutono, non vogliono "impegolarsi" in discussioni. Passano così per gente pacifica e tollerante, che "si fa i fatti suoi" e "non disturba". A loro interessa solo, di fatto, la quiete, il comodo, il conveniente. Sono essenzialmente servili delle forze al potere, qualsiasi esse siano. Non hanno senso critico e, se ce l'hanno, si guardano bene dall'esercitarlo. Pensano, infatti, solo alla propria auto-preservazione e benessere. Sono loro, infatti, a "fare carriera" e a "sistemarsi". Sono edonisti e "sanno divertirsi". Ritengono (anche se non te lo diranno mai) che prendere posizione su una cosa qualsiasi sia da stupidi. Appaiono così delle "brave persone", ma sono "privi", vuoti, "senza". Dante Alighieri li aveva relegati all'inferno nel girone degli ignavi. L'ignavia mancanza di volontà e di fermezza di carattere, che determina l'incapacità di agire, di fare scelte e simili, viltà, infingardaggine, accidia, pigriziaNella Bibbia si parla dell'ignavia più che altro come pigrizia. Se indubbiamente, però, la pigrizia fa parte di quelli che abbiamo posto sotto la categoria di "A privativo", essa non li rappresenta del tutto. E' loro più vicina l'idea di indifferenza, ed in particolare quella di "anomia", parola tradotta spesso come insensibilità.

Nell'AT è avere orecchi ma non sentire, occhi ma non vedere: "Hai visto molte cose, ma senza farvi attenzione, hai aperto gli orecchi, ma senza sentire" (Isaia 42:20). Chi si trova in questa situazione non è intelligente come pensa di essere, ma è "stolto e privo di senno": "Ascolta, popolo stolto e privo di senno, che ha occhi ma non vede, ha orecchi ma non ode" (Geremia 5:21). E' la situazione di coloro che "non sono capaci di prestare attenzione", perché si sono "impermeabilizzati" all'ascolto della verità perché non ne hanno voluto sapere: "A chi parlerò, chi scongiurerò perché mi ascolti? Il loro orecchio non è circonciso, non sono capaci di prestare attenzione. La parola del Signore è per loro oggetto di scherno, non ne vogliono sapere" (Geremia 6:10). 

Dio continua a parlare loro ma essi ostinatamente non ascoltano: "A me rivolsero le spalle, non la faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non mi ascoltarono né appresero la correzione" (Geremia 32:33); non danno retta a Dio, non lo prendono sul serio: "Vi ho inviato con assidua premura tutti i miei servi, i profeti, per dirvi: Abbandoni ciascuno la sua condotta perversa, migliorate le vostre azioni e non seguite e non servite altri dèi, per poter abitare nella terra che ho concesso a voi e ai vostri padri, ma voi non avete prestato orecchio e non mi avete dato retta" (Geremia 35:15). Di conseguenza non cercano né consultano Dio e si allontanano da lui: "...quelli che si allontanano dal seguire il Signore, che non lo cercano né lo consultano" (Sofonia 1:6). Il loro cuore è diventato sempre più duro: "Ma essi hanno rifiutato di ascoltarmi, mi hanno voltato le spalle, hanno indurito gli orecchi per non sentire. Indurirono il cuore come un diamante, per non udire la legge e le parole che il Signore degli eserciti rivolgeva loro mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato. Così fu grande lo sdegno del Signore degli eserciti. Come quando egli chiamava essi non vollero dare ascolto, così quando essi chiameranno io non li ascolterò, dice il Signore degli eserciti. Io li ho dispersi fra tutte quelle nazioni che essi non conoscevano e il paese è rimasto deserto dietro di loro, senza che vi sia chi va e chi viene; la terra di delizie è stata ridotta a desolazione" (Zaccaria 7:11-14).

Si tratta di una situazione molto grave denunciata pure nel Nuovo Testamento: "Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhiperché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!" (Matteo 13:15).

Notevole come questa situazione di "desensibilizzazione" e indurimento sia preannunciata per gli ultimi tempi: " Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell'iniquità, si raffredderà l'amore di molti" (Matteo 24:11-12).

La parola greca tradotta con “iniquità” denunciata come dilagante è anomía. Sia nella Bibbia greca che nel Nuovo Testamento e nella letteratura del giudaismo ad esso contemporaneo il vocabolo fa riferimento a quella che si può definire la “grande iniquità”, l’iniquità degli ultimi tempi nei quali avviene lo scontro frontale tra le forze del Male e il Regno di Dio. Tra gli evangelisti, Matteo impiega il termine anomía quattro volte (Matteo 7:23; 13:14; 23:28; 24:12) e nelle prime due ricorrenze compare proprio l’espressione operatori di iniquità tipica dei salmi. Nel Vangelo di Matteo l’anomía è l’elemento disgregatore per eccellenza, lo strumento del caos che mina le basi della socialità e del mondo; viene vista, in altre parole, come «l’ingiustizia sostanziale, storica e cosmica, il sovvertimento dell’essere e dell’esistere: le relazioni vitali scardinate»: "Va' da questo popolo e di':  Udrete, sì, ma non comprenderete; guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano, e io li guarisca!" (Atti 28:26-27).

Di fatto questa è la situazione delle creature umane decadute: "Non c'è nessun giusto, nemmeno uno, non c'è chi comprenda, non c'è nessuno che cerchi Dio!" (Romani 3:11), situazione che si rileva persino in chiese compiacenti: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla. Ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, e abiti bianchi per vestirti e perché non appaia la tua vergognosa nudità, e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista" (Apocalisse 3:15-18).

Ecco così come la situazione di chi è caratterizzato da "A privativo" sia molto grave, e proprio perché pensano di stare bene e che non manchi loro nulla. L'appello evangelico al ravvedimento è dunque per loro quantomai appropriato. Lo riceveranno? Da sé stessi, a causa del loro indurimento no. E' Dio l'unico che possa spezzare il loro cuore indirito e indifferente ed operare un trapianto che dia loro un cuore di carne vivo, pulsante e sano. E' solo Dio che può scuoterli e rigenerare il loro spirito, farli risuscitare dalla loro morte spirituale. La loro indolenza è proprio questa: privazione di vita, morte. Preghiamo per chi si trova in questa temibile situazione. Potrebbe essere uno dei nostri cari. Preghiamo che Dio intervenga con potenza nella loro esistenza e dia loro nuova vita in Cristo Gesù.

Impegno e determinazione, ma sospinto dallo spirito giusto! (25. Galati 5:16-18)



La nostra generazione, servita da "elettrodomestici" di ogni tipo come un tempo i ricchi erano serviti da innumerevoli domestici in carne e ossa e prima ancora da schiavi, è diventata non meno "pappamolla" e "senza spina dosale" delle classi nobiliari di un tempo. Il rigoroso e strenuo impegno verso sé stessi per molti oggi è concetto del tutto estraneo. Quando l'apostolo Paolo scrive la sua lettera ai Galati egli non aveva davanti solo le mollezze del paganesimo, ma anche il malinteso impegno dei legalisti che si assoggettavano al rigorismo della legge mosaica. A quello l'Apostolo contrapponeva il lasciarsi guidare dallo Spirito. Non era un impegno minore né era semplice spontaneismo, ma lo spirito dell'impegno evangelico era molto diverso da quello dei legalisti. Qui sta la differenza, e non è da fraintendere! Vediamo come.
"Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge" (Galati 5:16-18).

Il tentativo dei cristiani della Galazia di raggiungere quella che consideravano "la maturità spirituale" sottoponendosi alle prescrizioni cerimoniali della legge mosaica di fatto era fallito. Le loro chiese si stavano "mordendo, divorando e distruggendo" (v. 15) in interminabili conflitti. I legalisti in ambito cristiano sono ancora oggi fra i più polemici, intolleranti e divisivi. Quante sétte sono nate e nascono fra coloro che vantano di essere "fedeli" rispetto a chi, secondo loro, non lo sarebbe abbastanza! La devozione alla legge di coloro che Paolo avversava in Galazia non era scaturita in una corrispondente devozione all'amore, e indubbiamente questo infrangeva la legge stessa! 

Dove trovare la motivazione e le risorse per risolvere i loro conflitti e rinnovare l'amore fra di loro? L'Apostolo ne indica la soluzione nel "camminare secondo lo Spirito" (v. 16). Dato che la vita cristiana inizia con l'opera rigenerante dello Spirito (3:3; 4:6; 29), la vita cristiana può solo procedere attraverso l'opera dello Spirito seguita strettamente. E' lo Spirito di Dio, infatti, che imposta "lo stile di vita", il modo di vivere di un cristiano. Le indicazioni della legge mosaica rappresentano certamente dei parametri utili rispetto ai quali confrontarci, ma non danno il necessario dinamismo e le risorse per praticarli saggiamente nello Spirito di Cristo.

L'Apostolo ha fiducia nella capacità direttiva dello Spirito: "Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne" (v. 16). I "desideri della carne" sono gli impulsi della nostra natura contaminata e tendente sempre al peccato. E' quello che normalmente "ci viene spontaneo" fare e che dobbiamo respingere ad ogni costo. Il testo greco mette il concetto con molta più enfasi che le nostre normali traduzioni: "οὐ μὴ τελέσητε" ( "e non adempirete affatto i desideri della carne" Riv.). Paolo qui rafforza proprio questo nostro dovere.

Spesso ammantati convenientemente di religiosità, infatti, sono i nostri interessi ed egoismo che gratifichiamo frequentemente nel nostro comportamento. "Camminare nello Spirito" implica, però, l'attiva determinazione, nella nostra vita quotidiana, di calcare le orme di Cristo sulla via dell'abnegazione e della "croce". Chi vive, infatti, nello spirito di Cristo, come potrebbe "mordere, divorare e consumare" gli altri? Chi vive nello Spirito di Cristo persegue "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo" (v. 22).

Nel v. 17 l'Apostolo descrive un altro conflitto, molto più rilevante, che deve essere risolto prima di ogni altro, quello nostro interiore fra lo spirito e la carne (o carnalità). Non dobbiamo vergognarci di ammettere che in noi vi sia questo conflitto. Lo Spirito e la carnalità, infatti sono due forze ostili che in noi si contrappongono sempre, "opposte fra di loro". Quali prevarranno? Quali vinceranno? Coloro che camminano nello Spirito non possono essere "neutrali" in questo conflitto: devono combattere e vincere le forze dell'egoismo. Ogni giorno, perciò, il cristiano deve "scegliere da che parte stare" e vivere di conseguenza. 

La nostra lotta contro la carnalità è forse destinata a fallire? La carnalità inevitabilmente prevarrà oppure sempre inevitabilmente ci ritroviamo in una impasse frustrante? E' forse questo che implica il "non potete fare quello che vorreste"? No, al cristiano è possibile riportare concrete vittorie sulla propria carnalità. L'Apostolo ha fiducia che, seguendo l'impulso dello Spirito di Cristo e respingendo quello del nostro egoismo, "marciando ai Suoi ordini" è possibile essere vittoriosi e vivere come Cristo si aspetta dai Suoi discepoli! E' possibile quando ogni giorno rammentiamo a noi stessi "chi siamo", chi stiamo servendo, e quali risorse ("armi spirituali") noi abbiamo a disposizione per riportare vittoria sulle sfide che ci pone la vita cristiana sia a livello individuale che sociale.

Chi dunque vive sotto la guida dello Spirito di Cristo e lotta ogni giorno contro l'influenza della propria natura peccaminosa, non ha bisogno di essere controllato e frenato dalla legge mosaica. "Se siete guidati dallo Spirito, non siete sotto la legge" (18). 

La vita nello Spirito è una vita vissuta in modo determinato. E' "saltare giù dal letto" quando la sveglia suona, immediatamente, "senza tante storie", senza indugio, non cedendo ai richiami della propria pigrizia e del sonno... "Ecco il tuo programma: un po’ dormire, un po’ sonnecchiare, un po’ riposare con le mani in mano, e intanto, come un vagabondo ti arriva addosso la povertà, e come un mendicante, la miseria"  (Proverbi 6:10-11 TILC). 

E' vestirsi, infilarsi le scarpe, mettersi lo zaino e camminare decisamente senza ritardo verso la meta. E' il controllo su sé stessi che esercita la persona matura e responsabile che non ha bisogno che ci sia sempre qualcuno a sollecitarlo a fare il proprio dovere, magari minacciandogli dei castighi, come fa la legge. Lo Spirito di Dio produce nel credente una trasformazione del suo carattere (5:22-23). Se lo Spirito, ad esempio, ci sospinge a perdonare chi ci ha fatto un torto invece di coltivare in noi il risentimento, allora siamo sotto il controllo dello Spirito piuttosto che sotto la restrizione del comando: "Non uccidere". Quando la condotta è guidata e potenziata dallo Spirito, essa adempie alla legge tanto da non essere più sottoposti alla sua supervisione e condanna.

La vita condotta dallo Spirito implica ubbidienza attiva alla guida dello Spirito (v. 16), una lotta costante contro i desideri della nostra natura peccaminosa mediante la potenza dello Spirito (v. 17) e la completa sottomissione al controllo dello Spirito di Cristo (v. 18). Un tale modo di vivere ci può portare a fare esperienza concreta della libertà dal controllo che la nostra carnalità vorrebbe esercitare su di noi, ma anche dal controllo della legge. Questo non significa contravvenire a ciò che dice la legge per darci in balia del nostro soggettivismo spontaneista, ma esattamente il contrario!

Preghiera. Che lo Spirito di Cristo, o Signore, controlli ogni aspetto della mia vita ogni giorno e mi impegni nella lotta contro le mie tendenze egoistiche, sempre pronte a prevalere in me e a camuffarsi in svariati modi! Amen.

Domenica 22 settembre 2019 - Quindicesima domenica dopo Pentecoste


Preghiera: Concedici, o Signore, di non essere in ansia per le cose terrene, ma di amare quelle celesti, e in questa stessa ora, mentre viviamo fra cose transitorie, insegnaci a tenerci stretti a ciò che davvero durerà; per Gesù Cristo, nostro Signore, che vive e regna con te e con lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre.

sabato 14 settembre 2019

L'inganno della religione dei meriti (24. Galati 5:1-15)



Un'ottima regola è farsi guidare (sia a livello personale che politico) da persone competenti e meritevoli. Per questo scegliamo, se possibile, il medico migliore, ci facciamo consigliare da persone di comprovata esperienza, eleggiamo il politico più meritevole e capace (almeno così dovrebbe essere). Dev'essere pure nostra ambizione diventare noi stessi persone competenti e meritevoli e "guadagnarci dei punti". Non sono pochi, d'altro canto, quelli che ritengono di potersi meritare l'approvazione di Dio con opere religiose di vario tipo, e persino andare oltre la norma e "diventare santi". Si tratta, però, di un tragico inganno, perché l'approvazione di Dio nessuno la potrebbe mai meritare, tanto il peccato ci corrompe. Chi ci ha provato (e non è ipocrita) riconosce sempre il proprio fallimento ed indegnità, anche la persona che ai nostri occhi potremmo considerare migliore. Il Salvatore Gesù Cristo, e solo lui, è venuto proprio per sovvenire al nostro fallimento morale e spirituale e donare per grazia, a chi, del tutto immeritevole, si affida a Lui, il risultato della Sua perfetta opera, riconciliarci con Dio e ripulire la nostra vita. Chi propone una via diversa è severamente condannato dalla Parola di Dio come un bugiardo che svia menti e cuori. Ecco la severità con la quale venivano trattati da Paolo alcuni pseudo-maestri che, nella comunità cristiana della Galazia, avrebbero voluto far "scendere dal carro della grazia" quelle persone per farle "conquistare il paradiso" con i propri sforzi ed opere religiose. Vediamo che dice.
"Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla. E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità. Correvate così bene! Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità? Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! Un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia. Quanto a me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? Infatti, sarebbe annullato lo scandalo della croce. Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio! Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l'amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!" (Galati 5:1-15).
La predicazione dell'Evangelo - al cui centro sta l'annunzio sulla Persona ed opera di Gesù Cristo, la Sua morte in croce e risurrezione - era e rimane (quando è fedele) qualcosa di molto diverso dai discorsi che si odono presso le religioni di questo mondo. Essa è qualcosa di così anticonformista da risultare intollerabile, anzi, scandalosa: è "lo scandalo della croce". Diventa allora qualcosa da ridurre al silenzio (magari perseguitando chi la porta avanti), oppure da ricondurre docilmente sui sentieri battuti di ciò che all'uomo sembra più ragionevole, così come chi turbava i cristiani della Galazia avrebbe voluto fare. La predicazione dell'Evangelo, infatti, non parla di ciò che l'uomo dovrebbe fare per conquistarsi "la patente di uomo giusto" e la salvezza, ma ciò che Cristo per lui ha compiuto, essendo l'essere umano, a motivo del peccato, del tutto incapace, disabile, a fare alcunché per sé stesso, men che meno tramite "opere religiose".

Cristo, così, ci libera da ciò che normalmente sono considerati i "doveri religiosi finalizzati a guadagnarsi "meriti". Possiamo allora dire che l'Evangelo ci dona la libertà dalle pratiche religiose meritorie, così come sono spesso intese. L'Evangelo, infatti, considera questo tipo di religione come "una palla al piede", una schiavitù di cui effettivamente è bene liberarsi. Sono pochi oggi a comprendere il carattere dirompente dell'Evangelo rettamente inteso.

E' per questo motivo che i cristiani della Galazia sono chiamati dall'Apostolo ad opporre strenua resistenza contro coloro che vorrebbero riportarli alla schiavitù della meritoria religione tradizionale. Ritornare, infatti, al ritualismo della religione ed alla salvezza attraverso pretese opere meritorie, significherebbe "decadere" dalla grazia di Dio in Gesù Cristo, vanificarla del tutto, separarsi da Cristo per legarsi ad obblighi religiosi che, oltre ad essere oppressivi, sarebbero anche molto frustranti (e generatori di ipocrisie). "Decadere dalla grazia" significa, infatti, "scendere dal treno" della grazia di Dio in Gesù Cristo che vi porta a Dio pretendendo di arrivarci da soli a piedi o con chissà quale altro metodo! L'insistenza con la quale chi sta frastornando i cristiani della Galazia sulla questione del "dovere" che avrebbero di farsi circoncidere, è tale che Paolo, esasperato, sbotta esclamando sarcasticamente: "Perché allora, invece di tagliarsi solo il prepuzio non si tagliano via tutto, non si fanno castrare! Chissà quanti 'punti in più' guadagnerebbero!".

 Detto questo, però, è pure necessario fare molta attenzione al fatto che la "libertà dalla religione" che Cristo rende possibile, non si trasformi in una vita vissuta senza scrupoli morali, in una "occasione di vivere secondo la carne", in modo sregolato. Se è vero com'è vero che le nostre opere non ci potrebbero mai far meritare la salvezza, è anche vero che un'autentica fede in Cristo è necessariamente una fede che opera per mezzo dell'amore. La persona che Iddio ha spiritualmente rigenerato donandole la fede in Cristo, è una persona rinnovata che inevitabilmente produce opere impostate all'amore di Cristo. Se queste sono assenti, si può ragionevolmente mettere in dubbio che una persona, nonostante tutto ciò che può affermare d'essere, sia realmente credente, almeno nel senso indicato dalla Parola di Dio.

Il cristiano onora la legge morale di Dio perché ama Dio e gli è riconoscente, apprezza le Sue opere e l'ordine che le caratterizza. Il cristiano segue la legge morale di Dio, interiormente persuaso che i criteri di giustizia di Dio sono ottima regola per fare ciò che è giusto ai Suoi occhi. Non pretende, però, di seguirli per "conquistarsi il paradiso" da sé stesso: non ce la farebbe mai! Il cristiano autentico, così, è una persona che si pone gioiosamente al servizio di Dio e degli altri, non perché così facendo, voglia conquistarsi la salvezza, ma perché vuole dimostrare amore e riconoscenza verso Colui che l'ha salvato. Colui o colei che si trova in questa posizione opera amore e misericordia, e senza pretendere nulla in contraccambio e senza aspirare a "meriti", perché è nella sua natura farlo, perché, così facendo, imita il suo Signore e Salvatore.

Allora anche i litigi che spesso esplodono nella società umana saranno trascesi ed alla fine risolti dall'amore di Cristo nel nostro cuore. Sicuramente dobbiamo diventare persone meritevoli, degne e competenti rispetto ai criteri umani (quando sono conformi con la volontà rivelata di Dio, ma la pretesa di "conquistarsi ilò paradiso" con i propri presunti meriti inganna noi stessi e gli altri. Non è questa la via dell'Evangelo.

Preghiera. Signore Iddio, fa che io non cada nella trappola che ancora oggi vorrebbero che io cadessi, la pratica della religione come esercizio meritorio. Che io trovi sempre in Cristo il mio tutto: Egli è completamente sufficiente a fare di noi persone nuove. Amen.

Le riflessioni passate di questa serie

Domenica 15 settembre 2019 - 14ma domenica dopo Pentecoste

Letture bibliche: Geremia 4:11-28; Salmo 14; 1 Timoteo 1:12-17; Luca 15:1-10

Preghiera: Oh Dio, in quanto senza di te non siamo in grado di compiacerti, concedici nella tua misericordia che il tuo Spirito Santo diriga e governi il nostro cuore; per Gesù Cristo, nostro Signore, che vive e regna con te e con lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.