giovedì 7 maggio 2020

I privilegi e le responsabilità del cristiano (1 Pietro 2:2-10)



Letture e breve culto


L'essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, porta in sé stesso, proprio per quella ragione, una grande dignità. Essa deve essere sempre onorata, conservata e protetta in qualunque circostanza. Ad averla disonorata, ferita e infangata, però, è la scelta umana di peccare contro Dio e contro la sua legge, buona, santa e giusta - di ribellarsi a Lui. Questa dignità il Salvatore Gesù Cristo, in chi si affida a Lui, Egli la restaura e gliela restituisce pienamente. Si tratta di privilegi che misericordiosamente Dio conferisce ai suoi eletti. Questo, evidentemente, comporta pure responsabilità. L'apostolo Pietro, nella sua prima epistola, di questa dignità e privilegi ne fa ampia descrizione. Che termini usa? Ascoltate quanto egli scrive.
"2...come bambini appena nati, desiderate ardentemente il puro latte della parola, affinché per suo mezzo cresciate, 3se pure avete gustato che il Signore è buono. 4Accostandovi a lui, come a pietra vivente, rigettata dagli uomini ma eletta e preziosa davanti a Dio, 5anche voi, come pietre viventi, siete edificati per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. 6Nella Scrittura si legge infatti: «Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa, e chi crede in essa non sarà affatto svergognato». 7Per voi dunque che credete essa è preziosa, ma per coloro che disubbidiscono: «La pietra, che gli edificatori hanno rigettato, è divenuta la testata d'angolo, pietra d'inciampo e roccia d'intoppo che li fa cadere». 8Essendo disubbidienti, essi inciampano nella parola, e a questo sono altresì stati destinati. 9Ma voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo acquistato per Dio, affinché proclamiate le meraviglie di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce; 10voi, che un tempo non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia" (1Pietro 2:2-10).

1. La rigenerazione. Il primo privilegio è quello di essere stati "rigenerati" spiritualmente ad una nuova vita. Infatti, qui l'Apostolo usa l'espressione: "Come bambini appena nati" (2a). L'Apostolo si rivolgeva, in questa lettera, a persone venute alla fede in Cristo solo da poco tempo e ne parla come a "bambini". L'esperienza della conversione a Cristo è l'opera di Dio che ci fa spiritualmente rinascere a una nuova vita. E' per la grazia di Dio che questo è avvenuto. 

2. Il cibo per crescere. I bambini, poi, non solo nascono, ma pure crescono - è il privilegio di crescere. La Parola di Dio, come la troviamo nelle Sacre Scritture, è il nutrimento di quel "puro latte" (2b) che ci fa "crescere" (2c) e maturare. Questa parola il cristiano la riceve con gioia (la "gusta", 3) e l'assimila nella propria vita attraverso la lettura, lo studio e approfondimento di essa. Ecco uno dei motivi per il quale avere a disposizione le Sacre Scritture, ciascuno di noi singolarmente, è, a sua volta, un grande privilegio, anzi, una necessità che niente e nessuno può sostituire. Ecco perché l'Ebraismo prima e poi la Riforma protestante ha dato sempre a ciascuna persona senza distinzione gli strumenti culturali utili a leggere e a studiare le Scritture, contribuendo a combattere l'analfabetismo.

3. Gli strumenti. Leggere e studiare, però, non lo si fa da soli, ma con l'aiuto di tutti gli strumenti - e questo è un altro privilegio della grazia di Dio - che Egli mette a nostra disposizione nell'ambito della comunità cristiana. Infatti, come dice la Scrittura, "Dio stesso ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti e altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l'opera del ministero e per l'edificazione del corpo di Cristo, finché giungiamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, a un uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di Cristo" (Efesini 4:11-13).

4. La comunità cristiana. La comunità cristiana è un dono ed un privilegio conferito dalla grazia di Dio. Ciascun cristiano, infatti, singolarmente, è considerato una "pietra vivente" (4a) che insieme agli altri viene usata da Dio per edificare "una casa spirituale" (5). I cristiani non sono da considerarsi individui separati ciascuno solo con il proprio rapporto verticale con Dio, ma necessariamente ("orizzontalmente") sono associati ad altri con i quali devono "combaciare" armoniosamente per formare un solido edificio spirituale. Di questo edificio il Signore Gesù è preziosa "pietra angolare" (6), la "pietra" più importante. Essere cristiani implica sempre una dimensione comunitaria, la quale indubbiamente è un privilegio, perché in Cristo si cresce assieme e, a questa crescita, ciascuno dà il suo contributo. Il cristiano trova il suo compimento nell'ambito della comunità dei cristiani, altrimenti detta "il corpo di Cristo".

5. Il sacerdozio condiviso. E'' comunitariamente che i cristiani costituiscono "un sacerdozio santo" (5), vale a dire, insieme servono Dio e la sua causa in questo mondo. Nell'era del Cristo (il Nuovo Testamento) non esistono più sacerdoti in quanto categoria a parte, ma tutti insieme i cristiani hanno il privilegio di essere sacerdoti, mediatori fra gli esseri umani e Dio, e operatori (ciascuno secondo le capacità che Dio gli ha dato), consapevoli ed impegnati, dei propositi di Dio in questo mondo. I sacrifici che essi offrono sono il loro impegno e dedizione verso Dio.

6. La dimensione globale. Anticamente era il popolo di Israele a godere della responsabilità e dell'onere di essere "una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo acquistato per Dio" (9a). Oggi, gente di tutto il mondo (di ogni popolo, lingua e cultura, non solo ebrei, ma di ogni altra origine), è eletta per essere il popolo di Dio. Insieme, essi proclamano "le meraviglie di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce" (9b). Le popolazioni di questo mondo - si può dire senza timore - rimangono nelle tenebre della propria servitù morale e spirituale, e vengono illuminate quando giunge loro l'annuncio dell'Evangelo e l'intera Parola di Dio. E' allora che nasce e si sviluppa una civiltà buona e giusta a lode e gloria di Dio. Ed è in questo senso che si può parlare di vero illuminismo. L'umanità si sviluppa solo in comunione con Dio e sotto la guida della Sua legge morale.

7. Un popolo che appartiene a Dio. Individui isolati essi lo erano - non erano "un popolo". Ora, però, sono "il popolo di Dio". Erano asserviti ad altri signori, sfruttati per i loro fini e poi abbandonati e gettati via come disutili e rimpiazzati poi da altri poveretti come loro. Essi erano "rigettati", come lo era stato Cristo stesso in questo mondo, ma per Dio sono diventati "eletti e preziosi". Ora, attraverso l'opera misericordiosa del Cristo, sono stati "acquistati", redenti. Essi sono "santi", vale a dire, sono stati resi "gente a parte". "Santi", infatti, nelle Sacre Scritture, non sono individui particolarmente meritevoli o dal carattere eroico, come li si intende talvolta, ma sono persone - con tutti i loro inevitabili limiti e contraddizioni - destinate ad un uso particolare: il servizio di Dio e dei Suoi propositi in questo mondo. E' così che essi sono "un regale sacerdozio", un sacerdozio che appartiene al Re, Gesù Cristo.

L'essere umano, dunque, creato ad immagine e somiglianza di Dio, porta in sé stesso, proprio per quella ragione, una grande dignità. Essa deve essere sempre onorata, conservata e protetta in qualunque circostanza. Ad averla disonorata, ferita e infangata, però, è la scelta umana di peccare contro Dio e contro la sua legge, buona, santa e giusta - di ribellarsi a Lui. Questa dignità il Salvatore Gesù Cristo, in chi si affida a Lui, Egli la restaura e gliela restituisce pienamente. Si tratta di privilegi che misericordiosamente Dio conferisce ai suoi eletti. Di questi privilegi l'Apostolo ha qui elencato quello della rigenerazione, del cibo per crescere alla statura di Cristo, gli strumenti per la crescita, la comunità cristiana, il sacerdozio condiviso, la dimensione globale della chiesa cristiana, e l'appartenenza particolare a Dio.

Di questi stupefacenti doni della grazia, ne ringraziamo Dio, li onoriamo valorizzandoli, ne facciamo uso responsabile con gioia ed impegno, e ci adoperiamo affinché di essi sempre più persone ne siano partecipi. Anche per questo motivo condividiamo con voi queste cose. Non è qualcosa che debba essere riservato "per addetti ai lavori", anzi, perché nostro compito è pure quello di proclamare "le meraviglie di colui che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce".


Domenica 10 Maggio 2020 - Quinta domenica di Pasqua

Preghiera: Dio onnipotente, che conoscerti veramente è la vita eterna: concedici di conoscere tuo Figlio Gesù Cristo così perfettamente per essere la via, la verità e la vita, in modo che possiamo seguire fermamente i suoi passi sulla via che conduce alla vita eterna; per Gesù Cristo tuo Figlio nostro Signore, che vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, un solo Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

Letture bibliche: Atti 7:55-60; 1 Pietro 2:2-10; Giovanni 14:1-14; Salmo 31:1-5, 15-16

martedì 28 aprile 2020

Il pastore e le sue pecore (Giovanni 10:1-10)





Il mondo della pastorizia, comune al tempo in cui Gesù predicava ed operava, era spesso rappresentato nelle sue parabole. Quelle immagini potrebbero non esserci oggi famigliari. In esse, però, continuano a nascondersi "i misteri del regno dei cieli" accessibili solo a coloro che gli appartengono, perché in esse loro riconoscono inequivocabile, la voce del Maestro. Egli aveva infatti detto: "Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato" (Matteo 13:11). Si tratta di una "discriminante" questa che al mondo non garba, ma che rimane oggi un dato di fatto, piaccia o non piaccia. Qual è la sua funzione? Lo scopriamo oggi attraverso la lettura del decimo capitolo del vangelo secondo Giovanni. Ascoltiamone una parte.
"1In verità, in verità io vi dico: Chi non entra per la porta nell'ovile delle pecore, ma vi sale da un'altra parte, quello è un ladro e un brigante; 2ma chi entra per la porta è il pastore delle pecore. 3A lui apre il portinaio; le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. 4E, quando ha fatto uscire le sue pecore, va davanti a loro; e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. 5Non seguiranno però alcun estraneo, ma fuggiranno lontano da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa stesse loro parlando. 7Perciò Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti quelli che sono venuti prima di me sono stati ladri e briganti, ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta; se uno entra per mezzo di me, sarà salvato; entrerà, uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; ma io sono venuto affinché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Giovanni 10:1-10).
Quando insegnava, Gesù faceva spesso uso di parabole. La parabola, però, era più che un'illustrazione per far capire meglio il significato del suo discorso o per farlo rammentare più facilmente. Nell'ascoltare una parabola di Gesù, tanti non capivano affatto ciò che egli intendesse dire. E' il caso di quella su cui riflettiamo oggi, della quale è detto espressamente: "Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa stesse loro parlando" (10:6). Gesù lo faceva apposta: la parabola aveva per lui di fatto una funzione discriminante. La capiva chi doveva capirla, salvo poi spiegarla più tardi al suo gruppo ristretto di discepoli. L'ambiguità di Gesù era intenzionale: era il suo modo per schermarsi dalla gente in malafede che lo ascoltava, da chi verso di lui aveva pregiudizi o cattive intenzioni. Lo stesso era per la sua identità di Messia, di promesso Salvatore. Non lo affermava mai espressamente se non in rarissime occasioni. Questo faceva piuttosto innervosire i suoi avversari. Più avanti nel capitolo, infatti, essi gli dicono: "Fino a quando ci terrai con l'animo sospeso? Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente" (10:24). Non glielo avrebbe detto: dovevano intuirlo e trarne le debite conseguenze. Glielo aveva "detto", si, ma attraverso le sue opere: "le opere che faccio nel nome del Padre mio, sono quelle che testimoniano di me" (10:25): dovevano trarne le conclusioni solo su quella base. Loro, però avrebbero fatto "orecchie da mercante" rifiutandosi di credere in lui.
Gesù era, e rimane, l'espressione della grazia di Dio che, dalla massa dell'umanità perduta di questo mondo, salva un numero selezionato di persone attraverso il ravvedimento e la fede in lui. Gesù non è venuto per salvare "tutti" . "Il Figlio dell'uomo ... è venuto ... per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti" (Marco 10:45). Per molti, ma non per tutti. Sono quelli che la Scrittura chiama "il suo popolo": "Ella partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati" (Matteo 1:21). Essi sono quelle persone che dall'eternità Iddio ha sovranamente destinato alla grazia della salvezza in Cristo e che estrae da questa umanità perduta.
Per usare la similitudine del nostro testo, egli è il loro pastore ed essi sono le sue pecore, il gregge che gli appartiene. Esse "conoscono la sua voce" e fuggono dalla voce degli estranei,  "perché non conoscono la voce degli estranei" (10:5), perché solo di lui hanno fiducia. Lui le porta in "pascoli di tenera erba" e le guida "lungo acque riposanti", non solo, ma le protegge quand'anche dovessero attraversare la  "valle dell'ombra della morte" (Salmo 23). Queste "pecore" sanno quindi riconoscere "ladri e briganti", falsi leader politici e religiosi che solo conducono i loro seguaci alla perdizione. Essi, soprattutto, sanno distinguere il Pastore dal mercenario. "il mercenario, che non è pastore e a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore ... perché è mercenario e non si cura delle pecore" (10:12,13). Il buon Pastore, però, depone la sua vita per le pecore (10:15). Gesù soltanto, così come si esprime l'apostolo Pietro: "portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, affinché noi, morti al peccato, viviamo per la giustizia; e per le sue lividure siete stati guariti" (1 Pietro 2:24).
Le sue "pecore" riconoscono la sua voce, ne comprendono la lingua, ne intendono i comandi, ubbidienti lo seguono fiduciosamente sapendo che egli mai le tradirà. Quand'anche quei comandi non fossero per loro del tutto chiari, egli si prende il tempo di addestrarle, privatamente, in disparte: "Poi, rivolto verso i discepoli, disse loro in disparte: Beati gli occhi che vedono le cose che voi vedete" (Luca 10:23).
Masse di persone seguono ciecamente i loro leader verso la perdizione, ma per i discepoli di Cristo, uno solo è il loro Signore, e quello seguono. I potenti di questo mondo potrebbero anche costringerli alla sottomissione, ma i discepoli di Cristo opporranno loro resistenza e non si piegheranno loro, costi quello che costi, anche a costo della sofferenza e della morte: "A questo infatti siete stati chiamati, perché Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio, affinché seguitate le sue orme" (1 Petro 2:21).
Il "gregge" di Cristo non è identificabile in alcuna particolare organizzazione ecclesiastica: la Chiesa di Cristo trascende le organizzazioni ecclesiastiche. Esse possono servire (nessuna prevenzione verso di esse), ma possono anche diventare un peso oppressivo. La "zizzania" e "ladri" e "mercenari" potrebbero prenderne il sopravvento ed allora coloro che appartengono a Cristo, se non possono altrimenti, fanno bene ad abbandonarle. Non si perderanno, però, perché troveranno sempre il modo di ritrovarsi con altre "pecore del gregge di Cristo" che riconosceranno immediatamente (così come riconoscono la voce del Pastore, il Cristo delle Scritture, fra tanti altri). Essi allora faranno come la prima chiesa: "Essi erano perseveranti nel seguire l'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nel rompere il pane e nelle preghiera ... rompendo il pane di casa in casa, prendevano il cibo insieme con gioia e semplicità di cuore ... lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo" (Atti 2:42,46,47).
Infine, che cosa faceva Dio in quel contesto? "Il Signore aggiungeva alla chiesa ogni giorno coloro che erano salvati" (Atti 2:47b), o meglio: "il Signore aggiungeva ogni giorno alla loro comunità quelli che erano sulla via della salvazione" (Riv.), cioè quelli che erano stati destinati da Dio alla grazia della salvezza in Cristo. Continua a realizzarsi, così, quanto aveva detto Gesù stesso: "Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest'ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore" (Giovanni 10:16).
Questa è la realtà del gregge del Signore che sfida tutte le pretese umane, nella loro arroganza, tanto che questa fase della storia giungerà a compimento quando tutte le "pecore" di Cristo saranno raccolte nel suo gregge spirituale. Infatti: "questo evangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo in testimonianza a tutte le genti, e allora verrà la fine" (Matteo 24:14). Riconosci tu la voce del buon Pastore? Egli viene a cercarti e ti porterà nel suo gregge, quello di cui egli ha cura.

Preghiamo: Dio onnipotente, ti ringraziamo per aver donato a tuo Figlio - Pastore e Porta dell'ovile - il gregge di cui egli si prende cura. Ti ringraziamo per averci fatto diventare le sue pecore, per averci dato salvezza, sicurezza, vita e gioiosa abbondanza mentre seguiamo il nostro Pastore e ci allontaniamo da ladri, briganti e mercenari. Aiutaci ad avere la saggezza di conoscere la differenza tra tutte le voci che ascoltiamo. Aiutaci a sottometterci alla guida del nostro Pastore. E rallegriamoci sempre che siamo nel suo ovile. Nel Nome di Gesù preghiamo, Amen.

3 Maggio 2020 - Quarta domenica di Pasqua


Preghiera: O Dio, il cui Figlio Gesù è il buon pastore del tuo popolo: Concedi che quando sentiamo la sua voce possiamo conoscere colui che chiama ciascuno di noi per nome e seguirlo dove egli ci conduce; lui che, con te e lo Spirito Santo, vive e regna, un solo Dio, nei secoli dei secoli. Amen.

mercoledì 22 aprile 2020

Erano insensati e tardi di cuore, ma... (Luca 24:13-35).





Potrebbe Gesù stesso dire anche a noi di essere "insensati e tardi di cuore" quando non riconosciamo la sua presenza nella predicazione della Parola di Dio e nella celebrazione della Santa Cena? Ci confrontiamo oggi con il racconto dei due discepoli che camminano sulla via di Emmaus e ai quali appare Gesù risorto, come lo troviamo nel capitolo 24 del Vangelo secondo Luca. Prima ascoltiamolo, e poi faremo al riguardo qualche riflessione.

I due discepoli sulla via di Emmaus"13In quello stesso giorno, due di loro se ne andavano verso un villaggio, di nome Emmaus, distante sessanta stadi da Gerusalemme. 14Ed essi parlavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Or avvenne che, mentre parlavano e discorrevano insieme, Gesù stesso si accostò e si mise a camminare con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti dal riconoscerlo. 17Egli disse loro: «Che discorsi sono questi che vi scambiate l'un l'altro, cammin facendo? E perché siete mesti?». 18E uno di loro, di nome Cleopa, rispondendo, gli disse: «Sei tu l'unico forestiero in Gerusalemme, che non conosca le cose che vi sono accadute in questi giorni?». 19Ed egli disse loro: «Quali?». Essi gli dissero: «Le cose di Gesù Nazareno, che era un profeta potente in opere e parole davanti a Dio e davanti a tutto il popolo. 20E come i capi dei sacerdoti e i nostri magistrati lo hanno consegnato per essere condannato a morte e l'hanno crocifisso. 21Or noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele; invece, con tutto questo, siamo già al terzo giorno da quando sono avvenute queste cose. 22Ma anche alcune donne tra di noi ci hanno fatto stupire perché, essendo andate di buon mattino al sepolcro 23e non avendo trovato il suo corpo, sono tornate dicendo di aver avuto una visione di angeli, i quali dicono che egli vive. 24E alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato le cose come avevano detto le donne, ma lui non l'hanno visto». 25Allora egli disse loro: «O insensati e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno detto! 26Non doveva il Cristo soffrire tali cose, e così entrare nella sua gloria?». 27E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano. 28Come si avvicinavano al villaggio dove erano diretti, egli finse di andare oltre. 29Ma essi lo trattennero, dicendo: «Rimani con noi, perché si fa sera e il giorno è già declinato». Egli dunque entrò per rimanere con loro. 30E, come si trovava a tavola con loro, prese il pane, lo benedisse e, dopo averlo spezzato, lo distribuì loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero; ma egli scomparve dai loro occhi. 32Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ardeva il nostro cuore dentro di noi, mentre egli ci parlava per la via e ci apriva le Scritture?». 33In quello stesso momento si alzarono e ritornarono a Gerusalemme, dove trovarono gli undici e quelli che erano con loro riuniti insieme. 34Costoro dicevano: «Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone». 35Essi allora raccontarono le cose avvenute loro per via, e come lo avevano riconosciuto allo spezzar del pane" (Luca 24:13-35).

Due discepoli di Gesù, tre giorni dopo la sua condanna a morte in croce ed esecuzione, ritornano a casa, abbattuti, tristi e delusi. "Noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele" (21), dicono. Avevano le loro idee su quello che avrebbe dovuto essere per loro il Liberatore, il Messia, e forse avevano accolto in passato dalle parole di Gesù solo quello che meglio si confaceva con le loro idee, tralasciando il resto, sottovalutandolo, "spiegandolo" a modo loro... Uno di loro si chiamava Cleopa (18) e forse sarebbe stato un buon potenziale scrittore di un "Quinto Vangelo", il "Vangelo secondo Cleopa", uno dei tanti che di fatto sono stati scritti, diversi dai quattro canonici (Matteo, Marco, Luca, e Giovanni), fatti aggiungendo o togliendo cose diverse dalla verità rivelata, secondo idee personali, o ideologie. Anche oggi ce ne sono tanti presunti vangeli adattati alle ideologie correnti e fatti passare per buoni. Sono anche di successo - perché hanno sempre successo vangeli riveduti e corretti, "più convenienti", popolari, meno controversi, meglio "adatti allo spirito della nostra epoca", ma falsi, ingannevoli e, alla fin fine, deludenti.

Sulla via di Emmaus i due discepoli tristi e delusi, "parlavano e discorrevano insieme" (15), o meglio, discutevano animatamente fra di loro. Assomigliano alle discussioni accademiche che si fanno in certi circoli teologici o filosofici, o magari nelle scuole teologiche moderniste, dove i discepoli non sono lì, in fondo, per imparare dalle Sacre Scritture, ma per criticare, dibattere, confrontando e valutando, con criteri ad esse estranei. L'apostolo Paolo, mentre predicava l'Evangelo rivelato, ne aveva incontrati di questi critici di professione, tipicamente fra i filosofi di Atene che "non avevano passatempo migliore che quello di dire o ascoltare qualche novità" (Atti 17:21), tanto che ad un certo punto, in una sua lettera, egli scrive: "Infatti, che cosa hanno ora da dire i sapienti, gli studiosi, gli esperti in dibattiti culturali? Dio ha ridotto a pazzia la sapienza di questo mondo. Gli uomini, con tutto il loro sapere, non sono stati capaci di conoscere Dio e la sua sapienza. Perciò Dio ha deciso di salvare quelli che credono, mediante questo annunzio di salvezza che sembra una pazzia" (1 Corinzi 1:20-21 TILC).

Si tratta di una "pazzia" che Gesù stesso riprende in quegli stessi due discepoli che incontra sulla via per Emmaus, e che non teme di chiamare "insensati e tardi di cuore" (25). Erano infatti stati esposti per molto tempo, prima all'insegnamento delle Sacre Scritture ebraiche e poi quello teorico e pratico di Gesù stesso, ma che cosa avevano di fatto compreso? "I loro occhi erano impediti dal riconoscerlo" (16), dice il nostro testo a loro riguardo - impediti dal riconoscere il Cristo, il Messia, che non solo era li presente accanto a loro (e non lo riconoscevano) ma che poteva essere trovato in tutte le Scritture che già avevano esplicitato i termini del suo ministero. E' così, infatti, che mentre camminano Gesù, con grande pazienza, fa loro una ripetizione delle lezioni che già erano state loro impartite: "E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano" (27). 

Eh si, ci sono sempre studenti testoni e "tardi" ai quali bisogna ripetere sempre le stesse cose finché non imparino. Gesù spiega loro "da tutte le Scritture" ciò che lo riguardavano ...con buona pace anche di coloro che oggi sottovalutano e spesso accantonano l'Antico Testamento, come se fosse inferiore, come se non contenesse Cristo o non abbastanza, come se non fosse Parola di Dio altrettanto come il Nuovo Testamento, come se non contenesse quella Legge che continua ad essere regola di fede e di morale anche per noi cristiani... E' un po' come coloro che, rifiutandosi di cantare i Salmi biblici durante il culto (come dovrebbero) dicono che esse "non contengono Cristo" o l'Evangelo e quindi preferiscono i loro "inni" con testi "meglio adatti" e scritti da altri... E' una delle diverse tipiche obiezioni al canto dei Salmi, ma anche di loro Gesù direbbe: "Insensati e tardi di cuore". Non vedete come la Legge di Mosè, i Profeti e i Salmi sono pieni di Cristo? Già, non vedono. Hanno bisogno di pazienti "lezioni di sostegno" e ripetizioni da parte di chi queste cose le vede (ammesso che stiano ad ascoltarli, senza accantonarli con sdegno). Aspettano forse che Gesù compaia loro personalmente per convincerli che le cose non stanno come loro pensano e fanno? Un giorno in cielo egli lo farà, ma che vergogna per chi si ostinava a non vedere il Cristo nell'Antico Testamento! La spiegazione dell'Antico Testamento, quando è fatta bene e veracemente, ancora oggi non solo è disponibile, ma può suscitare la stessa buona reazione che i due discepoli sulla via di Emmaus avevano avuto esclamando: "Non ardeva il nostro cuore dentro di noi, mentre egli ci parlava per la via e ci apriva le Scritture?" (32).

Oltre che da un'efficace istruzione biblica, i due discepoli "riconoscono Cristo" quando? "Allo spezzare del pane" (35)! La celebrazione dell'ordinanza della Cena del Signore, accompagnata dalla fedele esposizione delle Scritture, è infatti il mezzo istituito dalla Parola di Dio stessa per tutti i cristiani, in cui Cristo si rende presente. Non stiamo qui ora a discutere in che modo il Cristo si renda oggi presente attraverso la celebrazione della Cena del Signore. Non è una presenza fisica (nessuna crassa idea di transustanziazione) e neanche una semplice presenza simbolica, ma Cristo è presente spiritualmente ma realmente nella celebrazione della Santa Cena, accompagnata dalla predicazione della Parola di Dio. Questo è stato e rimane fonte di grande consolazione per il popolo di Dio riunito. 

La Confessione di fede di Westminster, a questo riguardo afferma (la cito solo in parte): "Il Signore nostro Gesù Cristo, nella notte in cui fu tradito, istituì il Sacramento del Suo corpo e sangue, che chiamiamo Cena del Signore, affinché fosse celebrata nella Sua Chiesa fino alla fine del mondo, in memoria perpetua del sacrificio di Sé stesso nella Sua morte; per suggellarne tutti i benefici per tutti i veri fedeli; per essere il loro alimento spirituale e crescita in Lui; perché si impegnassero ulteriormente ad assolvere tutti i loro doveri verso di Lui; e per essere un vincolo e un pegno della loro comunione con Lui e fra di loro come membri del Suo corpo mistico" (29:1). "Gli elementi esteriori di questo Sacramento, messi debitamente a parte per gli usi ordinati da Cristo, hanno un tale legame con Lui crocifisso da essere veramente, ma solo sacramentalmente, chiamati con il nome delle cose che essi rappresentano, vale a dire il corpo ed il sangue di Cristo. Tuttavia, in sostanza ed in natura, essi rimangono veramente e solamente nulla di meno di quanto erano prima, vale a dire pane e vino" (29:5); "Coloro che ricevono degnamente questo sacramento, partecipando ai suoi elementi visibili, pure ricevono e si cibano di Cristo crocifisso e di tutti i benefici della Sua morte interiormente e per fede. Questo avviene realmente e veramente - non carnalmente e fisicamente, ma in modo spirituale. In questa ordinanza, il corpo ed il sangue di Cristo non si trova, infatti, in maniera corporea o fisica in, con o sotto il pane ed il vino, ma si rende presente alla fede dei credenti in maniera spirituale, non meno di quanto gli elementi stessi siano presenti ai loro sensi esterni" (29:7).

I due discepoli che stavano camminando sulla via che porta a Emmaus, nonostante si fossero rivelati "insensati e tardi di cuore" ricevono la grazia della rivelazione del Cristo risorto che insegna loro le Scritture e condivide con loro pane e vino. In quel modo noi oggi non dobbiamo aspettarcelo, ma la promessa della presenza reale di Gesù accanto a noi rimane quando riceviamo la predicazione o insegnamento fedele della Parola di Dio (Antico e Nuovo Testamento), come pure attraverso la celebrazione della Cena del Signore. Deve essere nostro impegno di parteciparvi dovunque e quandunque ne abbiamo l'opportunità, sicuri che il Cristo lo incontreremo e il nostro cuore "arderà" di gioia e riconoscenza, in attesa del suo ritorno. Toccherà poi anche a noi - sulla base della nostra esperienza - annunciare, condividere a tutti l'Evangelo, con la parola e i fatti. Sarà per noi cosa spontanea il farlo, "uscendo anche se è ormai notte". Fare come quei discepoli che: "raccontarono le cose avvenute loro per via, e come lo avevano riconosciuto allo spezzar del pane" (35).