lunedì 28 ottobre 2019

Sostenere chi ci istruisce nella Parola (31. Galati 6:6)



Una delle contestazioni che spesso vengono fatte alle organizzazioni religiose di qualunque tipo è quella di essere "sempre a caccia dei nostri soldi" e di volersi arricchire alle nostre spalle. Sfruttare la pietà religiosa come mezzo di guadagno, indubbiamente è stata e rimane, in tanti casi, un'odiosa pratica diffusa fin dall'antichità e che la Bibbia stessa condanna nei termini più forti. Come per tante altre cose in questo mondo si tratta, però, di un abuso che non può essere addotto per negare che chi si occupa di provvederci onestamente beni spirituali sia "degno del suo salario". Il principio è evidenziato nel testo che esaminiamo quest'oggi di Galati 6:6. Non è l'unico che ne parla, ma merita, come sempre, di essere considerato a fondo.

Leggiamo il testo biblico di Galati 6:6, un unico versetto: "Chi viene istruito nella parola del Signore condivida i suoi beni con colui che l’istruisce" (TILC), meglio tradotto con: "Chi viene istruito nella Parola faccia parte di ogni cosa buona (condivida le cose buone che possiede) con chi lo istruisce" [1]. 

Il termine "beni" (o "cose buone") indica tutte quelle cose che siano di utilità e vantaggio per la nostra vita, che riguardano, cioè, il nostro essere e benessere; tutte quelle sostanze, oggetti e servizi atti a soddisfare i nostri bisogni, primari e poi anche secondari. Vi sono "beni liberi" come aria, acqua, terra; i beni di consumo, destinati a un consumo immediato; i beni di rifugio, quelli che, in tempo di inflazione, sfuggono alla svalutazione o la subiscono in misura minore, ecc. Essenzialmente di carattere materiale, "i beni" sono frutto del nostro lavoro e quelli che provvediamo, spesso con molta fatica, per noi e per la nostra famiglia. Provvedere onestamente e con impegno i beni di cui noi e i nostri cari abbiamo bisogno è un preciso dovere cristiano [1]. C'è poi anche chi i beni di questo mondo si adopera avidamente ad accumulare per sé stesso. A questi Dio dice: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?". Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio" (Luca 12:20-21; cfr. Luca 16:25). 

Questo pure ci indica che non esistono solo beni materiali, ma anche beni spirituali che sono altrettanto se non più importanti dei beni materiali e che Gesù considera tesori preziosi e permanenti. Adoperarci per conseguirli è pure nostro dovere e interesse! Non solo, è anche nostro dovere compensare, sì, retribuire, chi ce li provvede, proprio perché sono preziosi e non comuni. Gesù stesso lo evidenzia in una sua iperbolica parabola: "Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo" (Matteo 13:44).

La sfida dell'Apostolo ai cristiani della Galazia di adempiere senza ritardo la missione che Dio ha loro affidato ["Ciascuno porterà il proprio fardello" (5)] è così ora controbilanciata dal riconoscimento che alcuni che stanno portando avanti la missione che Dio ha loro affidato nella chiesa di insegnare la Parola di Dio, devono essere sostenuti dall'intera chiesa. Si tratta di un'applicazione molto pratica del frutto dello Spirito. Lo Spirito che ispira "bontà" nel cristiano è lo stesso che ci chiama a condividere i nostri beni [pasin agathois (ogni cosa buona)] con chi lo istruisce.

Nella chiesa antica le comunità cristiane erano impegnate nello studio della dottrina biblica, in particolare chi si preparava al battesimo, il katēchoumenos (la parola qui usata, tradotta "chi viene istruito", da cui il nostro "catecumeno"), istruito da un insegnante (o catechista) sulla base di un insieme di insegnamenti (la catechesi). La chiesa antica possedeva un catechismo, un'istruzione formale nella teologia cristiana di base. La crescita nella fede di ogni singolo credente dipende, infatti, dal ricevere, in modo regolare e sistematico, l'insegnamento biblico.

In secondo luogo, la funzione dell'insegnante, o catechista, nella chiesa antica era spesso un'occupazione che impegnava a pieno tempo, il che implicava la necessità di considerarla un lavoro che la chiesa aveva il dovere di retribuire. Il fatto che Paolo, per alcuni periodi della sua vita, si guadagnasse da vivere attraverso un lavoro "secolare", era un'eccezione dovuta a cause contingenti, non la regola. Paolo presuppone che chi si impegna nella chiesa all'insegnamento biblico debba essere retribuito (1 Corinzi 9:14; 1 Timoteo 5:17). Paolo attribuisce grande importanza e dignità a chi insegna la parola e questo non può essere un hobby da praticare "quando si ha tempo".

In terzo luogo, quando i catechisti insegnano fedelmente la Parola di Dio e le chiese li ricambiano sostenendoli, v'è unità nella chiesa. Quando qui il testo parla della necessità di "far parte" dei nostri beni, di condividerli, con chi ci istruisce, l'originale usa la parola koinōneitō da cui deriva il termine koinonia (comunione, partenariato). La crisi delle chiese nella Galazia avrebbe potuto essere superata quando esse avessero pure preso molto seriamente la necessità di un'istruzione regolare e strutturata nel loro interno, coinvolgente tutti e con tanto di insegnanti retribuiti. Solo l'istruzione diligente nella dottrina cristiana trasmessa dagli apostoli avrebbe potuto proteggerli dall'infiltrazione di dottrine eversive e consolidare le loro comunità. Lo stesso vale oggi. Certo ogni cosa buona può essere abusata. Essendo talvolta questo il caso, si tratterà di avere strumenti a nostra disposizione per denunciare ed impedire tali abusi, non di pregiudicare il giusto principio che chi rende un importante servizio sia "degno del suo salario".

Preghiera. Signore Iddio, intendo prendere molto seriamente l'appello che rivolgi anche a me tramite il testo biblico di oggi di studiare in modo diligente e regolare la dottrina biblica. Ti ringrazio per coloro che Tu hai chiamato e preparato alla predicazione ed all'insegnamento della Parola e di cui io mi avvalgo. Desidero esprimere la mia riconoscenza verso di Te e di loro contribuendo responsabilmente al loro sostentamento. Nel nome di Cristo. Amen.

Note

[1] Così lo rendono la stragrande maggioranza delle versioni in lingua inglese. Il testo greco dice: "Κοινωνείτω δὲ ὁ κατηχούμενος τὸν λόγον τῷ κατηχοῦντι ἐν πᾶσιν ἀγαθοῖς". La traduzione corrente per diverse traduzioni italiane: "Faccia parte di tutti i suoi beni" può essere facilmente equivocata ed abusata. "πᾶσιν ἀγαθοῖς" significa semplicemente "tutte le cose buone", "ogni sorta di bene" (necessario).

[2] "Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele" (1 Timoteo 5:8); "...infatti quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuole lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni fra voi vivono una vita disordinata (...), a questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità" (2 Tessalonicesi 3:10-12); "Chi rubava non rubi più, anzi lavori operando il bene con le proprie mani, per poter condividere con chi si trova nel bisogno" (Efesini 4:28).

Domenica 3 Novembre 2019 - Tutti i Santi, ventunesima domenica dopo Pentecoste


Preghiera: Onnipotente e misericordioso Dio, è solo per il tuo dono che il tuo popolo fedele ti offre un servizio vero e lodevole: Concedi che possiamo correre senza inciampare per ottenere le tue promesse celesti; per Gesù Cristo, nostro Signore, che vive e regna con te e con lo Spirito Santo, un solo Dio, ora e per sempre. Amen.

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